martedì 27 gennaio 2015

Sottomissione, di Michel Houellebecq



Leggendo le prime pagine di Sottomissione di Houellebecq, come per Céline, non è la storia narrata che conta, ma lo stile. E in poche righe, i personaggi, la tensione stabilita, il quadro tratteggiato, i dialoghi, i tic, l'ambiente universitario, il facile "tradimento dei chierici". Bel romanzo e, venendo ai temi affrontati, formidabile fustigazione - ben al di là del suo presunto anti islamismo - del tramonto dell'Europa, consumista, catatonico-depressiva, despiritualizzata e esangue, paradossalmente "salvata" proprio dal nuovo regime islamico illuminato che H. immagina.


2 commenti:

Alessandro Vichi ha detto...

Beh, per quanto abbia personalmente apprezzato - anzi, direi quasi amato - alcuni libri di Houellebecq (Estensione, La possibilità di un'isola...), un confronto con Céline, per di più in termini di stile, mi sembra a dir poco impietoso. Ma non la penserebbe magari così il diretto interessato, di cui riporto un estratto che ho trovato tanto snervante quanto illuminante. Elegantemente invitato a pronunciarsi sul connazionale Céline nel corso d'un carteggio con Bernard-Henri Lévy (Nemici pubblici, Bompiani, 2009), Houellebecq non risparmia al lettore la sua brava dose di banale veleno pregiudiziale, mediante una non casuale genericità delle accuse, tra cattiva conoscenza e, probabilmente, peggiore coscienza:
“Nel complesso, io considero Céline un autore sopravvalutato. Dopo il Viaggio al termine della notte, il livello cala, il suo stile diventa sempre più pretenzioso, pacchiano. […] Porre Céline e Proust sullo stesso piano mi è sempre sembrato come una mancanza di buon gusto, la prova comunque che non si sa affatto di che cosa si stia parlando.” E ancora, sfiorando il sublime: “In fondo, quell’elogio che Céline fa della musica a scapito delle idee che abomina persegue, mi sembra, un doppio obiettivo tattico. In primo luogo, far credere che fosse lui stesso detentore di una musica di ordine superiore, mentre non aveva fatto altro che utilizzare la musica popolare del suo tempo, con le sue limitazioni. E poi, far scordare che di idee non ne aveva, oppure di molto cretine, genere antisemitismo. Ciò non toglie che Céline, buon romanziere senza genio, eccella nel pamphlet, genere che corrisponde perfettamente al suo animo cattivo e vendicativo […]”.

luca ormelli ha detto...

Segnalo, ringraziando per l'ospitalità questo magnifico asilo, un mio pezzo su "Sottomissione":

http://filosofiaenuovisentieri.it/2015/02/04/controcorrente-houellebecq-dalla-morte-di-dio-ad-allah/

Grazie.
L.