sabato 20 ottobre 2012

Conferenza "Céline e le lettere alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944" alla Fiera del Libro di Milano







































Alla Fiera del libro di Milano, Sala Nux, ore 17.45 parleremo un po' di Céline dalle Bagatelle alla Parigi occupata partendo dal libro

Louis-Ferdinand Céline, «Céline ci scrive – Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla stampa collaborazionista francese, 1940-1944» A cura di Andrea Lombardi, prefazione di Stenio Solinas, 2011, Edizioni Il Settimo Sigillo, Roma.

Tra i temi toccati da Céline in queste lettere-articoli «maledetti», tutti tradotti per la prima volta in italiano, alcuni sono più «urticanti» (il collaborazionismo, Vichy, gli ebrei, il razzismo, come nel lungo articolo-intervista a Jamet o la lettera dove lo scrittore auspica una divisione etico-etnica nord-sud della Francia), altri sono invece più letterari (contro Proust, contro Peguy, la lettera a Théophile Briant…).


Céline ritratto da Paolo Galetto

Per gentile concessione del bravissimo Paolo Galetto, pubblichiamo questo suo bel ritratto di Céline:


Copyright Paolo Galetto
http://paologaletto.blogspot.it/

sabato 13 ottobre 2012

La prima vita di Céline - Il corazziere a cavallo Louis Destouches nella prima guerra mondiale, di Andrea Lombardi




Louis-Ferdinand Destouches (in arte Céline), uno dei massimi romanzieri del ‘900, fu un uomo dalle molte vite: direttore di piantagioni, membro di una commissione sanitaria della Società delle Nazioni, medico di periferia, scrittore, bohemien, e, infine, “collaborazionista” e reprobo. Ma la prima vita di Céline, che lo segnerà indelebilmente, sarà quella vissuta dal giovane Maresciallo d’alloggio del 12° Corazzieri Louis Destouches, scagliato con il suo cavallo nell’inferno delle battaglie della Marna e delle Fiandre nella prima guerra mondiale. 

Formato 9x12, 56 pagg., 10 tavole b/n e colori, stampato su carta Dalì Neve da 120 gr., 
Euro 9,00

Per info e ordini:

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lunedì 8 ottobre 2012

Boccaccio era il portiere Céline, il senzaruolo - di Silvano Calzini




Louis-Ferdinand Céline visto da Tullio Pericoli, in un dopo partita.


L’”enfant terrible” del calcio francese. Individualista, ribelle, irascibile, razzistoide, ingestibile dentro e fuori dal campo. Per Louis-Ferdinand Céline il calcio, così come la vita, era solo un gran merdaio, per cui giocava contro tutto e contro tutti; non aveva compagni di squadra, ma solo avversari. Non c’è partita in cui non sia stato espulso e ha un record imbattibile di giornate di squalifica.

Attaccabrighe per natura, estroso come giocatore e bizzarro come uomo, era una via di mezzo tra George Best, Gigi Meroni ed Eric Cantona. Calcisticamente parlando, un rivoluzionario che ha letteralmente inventato un nuovo modo di giocare, difficile da capire per molti, ma per ogni appassionato di calcio degno di questo nome esiste un prima e un dopo Céline. Quando aveva la palla tra i piedi era un fiume in piena, torrenziale, devastante. Un senza ruolo perché giocava in tutti i ruoli. O forse in nessuno.

Nella vita di tutti i giorni aborriva le luci della ribalta e amava frequentare i perdenti e i derelitti nei bassifondi più miserabili della città, tanto da essere soprannominato il “campione dei poveri”. Dopo una serie infinita di bravate, gestacci e liti furibonde, venne radiato dal campionato francese per continui e reiterati insulti di stampo razzista. E così si ritrovò a giocare in Danimarca.

Una volta graziato, tornò in Francia e si accasò in una piccola squadra della banlieu parigina dove concluse la carriera scendendo in campo con un foulard al collo, un paio di vecchi pantaloncini tenuti su da una corda, logore maglie consunte infilate una sull’altra e un pappagallo sulla spalla.

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Da http://quasirete.gazzetta.it/2012/10/05/boccaccio-era-il-portiere_celine-il-senzaruolo/

Un applauso a Calzini, questa è una delle cose più intelligenti e divertenti che abbia mai letto su LFC.

Andrea

"Céline ci scrive" segnalato da Massimo Raffaeli su "Alias" (Il Manifesto)



















"Jünger. La penna di un esteta all'umile servizio di un elenco di orrori", 
di Massimo Raffaeli

[...] Jünger, quando il 22 aprile del '43, poco dopo Stalingrado, si ritrova a tavola con Louis-Ferdinand Céline vede subito le sue unghie sporche e lo inquadra «nell'epoca della pietra». I due si detestano d'acchito e testimoniano di un'opposta paranoia ideologica: l'uno è un nazista ontologico, impolitico e per così dire sotto spirito, incapace (noterà Ferruccio Masini presentandone Irradiazioni, Longanesi 1979) di cogliere «fino a che punto una scrittura scaltrita e ben levigata possa far dimenticare i protocolli burocraticamente imprevedibili degli assassini»; l'altro è un populista e un antisemita forsennato che allucinando le dinamiche della lotta dì classe (e di nient'altro trattano in realtà i suoi capolavori, Voyage e Mort a crédit si illude di poterle placare e riscattare in una sorta di comunismo «per soli ariani» di contro al "socialismo kasher", come ha mostrato con dovizia di analisi una monografia recente di Francesco Germinario (Celine. Letteratura, politica e antisemitismo, Utet 2011).
È certo il Céline di Bagatelles ma è anche quello che in piena occupazione, alla solita maniera desultoria e blaterante, manda lettere ai giornali colme di pornografia razzista e di macabri appelli a farla finita con gli ebrei. Se perciò Juenger si ritrae, reticente e sempre sommamente ipocrita, viceversa Céline si sovraespone imperversando, fra il '40 e il '44, con interviste e lettere a «Je suis partout», «La Gerbe», «Au pilori», vale a dire la razzumaglia collabo cui lo scrittore tedesco è solito guardare con un disprezzo molto prossimo all'orrore. Qui viene utile la lettura di Céline ci scrive. Le lettere di Louis-Ferdinand Celine alla stampa collaborazionista francese (a cura di Andrea Lombardi, traduzione di Valeria Ferretti, edizioni Settimo Sigillo, pp. 239, € 25.00) introdotte da un bel ritratto céliniano di Stenio Solinas: il volume include una trentina di testi, è annotato, largamente illustrato, arricchito da documenti d'epoca (non tutti a dire il vero pertinenti, come quello sullo stalinismo di Aragon, noto a chiunque) ma è manchevole della tavola delle fonti che dovrebbe rimandare a Céline et l'actualité 1933-1961 (textes réunis et présentés par Jean-Pierre Dauphin et Pascal Fouché, «Cahiers Céline», n. 7, Gallimard 1986), dove pure sì trova una quantità di interviste altrettanto univoche e ossessive.
Nel dopoguerra Céline ritratterà ogni cosa senza davvero ritrattare nulla, dedicandosi alla grandiosa Trilogia del Nord; per parte sua, Jünger curerà il decorso di una reputazione molto dubbia prodigandosi nella stesura di prolissi, orribili, romanzi ecologico-filosofico-fantascientifici. All'uscita di Irradiazioni nel '49, la canaglia Céline è un condannato a morte in attesa di estradizione dalla Danimarca che non esita a riconoscersi nello scrittore troglodita dalle unghie luride e a sporgere subito querela: l'altro, l'aristocratico, il nazista impolitico, neanche se ne avvede perché sta già pianificando, nel buen retiro di Wilflingen, il suo accesso all'immortalità.