martedì 2 agosto 2011

Hemingway e Céline nella prima guerra mondiale





In quasi tutti gli articoli pubblicati per i 50 anni della morte di Céline si sono "lette" parallelamente le vite di Hemingway e Céline, vista la vicina data di morte. Diversi giornalisti hanno messo in rilievo la loro partecipazione nella grande guerra; riportiamo per esempio questo scritto di Miro Renzaglia:



Entrambi volontari nella Prima guerra mondiale, vi si comportarono eroicamente, fino a rimanere tutti e due feriti fisicamente: alla testa, Céline; ad un piede e ad una rotula, Hemingway.






A parte l'errore della "ferita alla testa" di Céline (segnalato tra gli altri dai biografi céliniani per eccellenza come Gibault e Almeras), per coincidenza, mi sono capitate due testimonianze interessanti proprio sull'Hemingway "eroe" nella prima guerra mondiale: la prima è in Kurt Vonnegut, Palm Sunday, pagg. 2-3:



[lo scrittore e veterano della guerra nel Pacifico] James Jones mi disse che l'editore dei suoi libri - e di quelli di Hemingway - aveva sperato di poter fare incontrare Jones e Hemingway - in modo che potessero godersi un po' di compagnia tra "vecchi soldati".

Jones declinò l'invito, perchè, da parte sua, non considerava Hemingway un fratello d'armi. Disse che durante la guerra Hemingway era libero di andare e venire dai combattimenti come voleva, e di prendersi del tempo per un buon pranzo o una donna o altro. I veri soldati, secondo Jones, dovevano restarsene eccome dove gli si era ordinato, o andare dove gli si era ordinato, e mangiar merda, e prendersi tutto quello che il nemico doveva lanciargli addosso, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana.



Mentre in un libro sulla prima guerra mondiale sul fronte italiano dello storico Pierluigi Romeo di Colloredo si legge questa nota:



Il romanzo di Hemingway [Addio alle armi] è colmo di inesattezze e di sfrondoni storici: ad esempio dedica diverse pagine ad un ammutinamento, per non tornare in linea - con successiva decimazione- dei Granatieri di Sardegna: nella Brigata Granatieri non vi furono mai episodi simili, data la rigidissima disciplina, la più dura del Regio Esercito e l’altissimo morale delle Guardie (nella ritirata di Caporetto i Granatieri non ebbero sbandati o disertori); ovviamente, Hemingway, o per ignoranza, o per superficialità, confonde i Granatieri con la Sassari, che ebbe un episodio simile sull’altopiano di Asiago nel 1917, conclusosi con la condanna a morte di alcuni fanti- i sassarini si precipitarono fuori da una galleria colpita dall’artiglieria nemica, ed un colonnello, in preda ad uno shock da bombardamento interpretò il fatto come abbandono di posto, e ordinò di passare per le armi i responsabili- L’autore statunitense confuse i Granatieri di Sardegna con la Sassari per via della comune denominazione legata all’isola dei Quattro Mori (anche se nel caso dei Granatieri il riferimento è al regno e non all’isola). Naturalmente le pagine del romanzo vennero prese da taluni come oro colato (dopotutto Hemingway c’era, anche se faceva solo l’autista di ambulanza nelle retrovie e non capiva che poco e male l’italiano, ed oltre tutto giungendo sul fronte italiano solo nel maggio del 1918, sette mesi dopo Caporetto…).
Così si fa la storia!


4 commenti:

daniz ha detto...

La letteratura non ha debiti nei riguardi del vecchio Hem, non fosse altro che gli han dato un Nobel, e fatto tanta pubblicità. I suoi libri si venderanno sempre, anche se oggi qualcuno inclina a scetticismo, o batte sui ribassi alla cassa.
Per me, Hemingway quando parla delle cose che conosce bene è uno dei romanzieri più caldi che si possano leggere, fa atmosfera, fa bivacco africano, fa liquore di Spagna, incornate sangue e pallottole esplose nella faccia degli elefanti.
Chi non legge alcuni dei suoi come Per chi suona la campana, Fiesta, Verdi colline d'Africa, Morte nel pomeriggio e Vero all'alba (che pochi han letto), si perde molto nella vita.
Risulterò forse un po' impopolare ma quando Céline dice a Rebatet che (in soldoni) lui Hemingway se lo pappava teneva ragione, ma bisogna pure indicare con quali romanzi.
Se Céline si fosse presentato davanti al vecchio pugilatore canuto con Guignol's Band o le Pantomime (per quanto mi interessino da un punto di vista filologico), mi sa che tornava a casa gonfio e tumefatto. Sugli altri, invece, la mia posizione è fin troppo nota

Andrea Lombardi ha detto...

Io sono più retrò, preferisco Fitzgerald e Faulkner ;-)

johnny doe ha detto...

Mica tanto retrò Faulkner...!
Ma scimmiotta troppo Joyce e spesso si impantana nel suo stile molto,a volte troppo complesso.
Fitgerald sì,é un po' retrò...
Comunque si parla sempre di gente che dava del tu alla penna.
Poi son gusti.
Del gruppo,mi tengo Hem.

si ha detto...

Be', la letteratura è fatta di gusti. Io, per esempio, devo confessare la mia predilezione, tra gli anglofoni, per Orwell, Huxley e Conrad. Gli americani li trovo un gradino sotto. Tranne E. A. Poe naturalmente ;) Gusti personali :D