mercoledì 28 aprile 2010

Oggi su Libero: Céline e Satisfiction





Su Libero di oggi, la pagina della cultura è dedicata a Céline e al nuovo numero di Satisfiction:

Céline "L'uomo bianco è destinato a scomparire" di Robert Stromberg
La rivista Satisfiction pubblica un'intervista dello scrittore francese alla Evergreen Review poco prima della morte. Una collezione di profezie e bordate a Hemingway, Camus...


E' arrivata l'ora di ripubblicare i pamphlet proibiti di Andrea Colombo



Pubblichiamo di seguito il testo di “Parlando con Louis-Ferdinand Céline”, intervista di Robert Stromberg al grande scrittore francese comparsa sulla celebre rivista statunitense “Evergreen Review” nel luglio 1961, proprio nei giorni in cui Céline moriva. Ora questo testo viene riproposto dalla rivista “Satisfictio”n di Gian Paolo Serino, in uscita il 6 maggio, nella traduzione di Andrea Lombardi, esperto di Céline e gestore di un blog a lui dedicato (lf-celine.blogspot.com).

È una sensazione stranissima, andare a trovare Céline. Céline il terribile! Céline l’oltraggiato! Céline il capro espiatorio! Céline il Fou! Céline vive a Meudon, ai margini di Parigi. Vive in una casa del diciannovesimo secolo in legno e malta di tre piani con sua moglie Lucette Almanzor e circa una mezza dozzina di cani, ad occhio e croce. Sua moglie, dice, è la proprietaria della casa.

«Pensavo venisse domani… non l’aspettavo… non ho preparato… pensavo domani… venga, venga».
Queste furono le sue prime parole. Si rivolse a sua moglie dicendole di prendere il mio cappotto, e di darmi una sedia. È un uomo massiccio – ma è piegato. Si mosse lentamente, strisciando i piedi – come se fosse troppo debole per fare altrimenti – verso il lato opposto di una grande stanza, che sembrava combinare cucina, sala da pranzo e studio. Si sedette ad un gran tavolo tondo, spingendo di lato, e a terra, pile di libri, fogli e riviste, e facendo spazio per noi.
«Che volete? A che vi serve? Non voglio scandalo!… Ne ho avuto abbastanza».
Quando riuscii finalmente a soddisfarlo, si mise a suo agio sulla sua sedia.

«C’è molto interesse su di lei in America», iniziai. Scartò la mia affermazione con uno sbuffo e un gesto della mano.
«Quale interesse? Chi è interessato? Alla gente interessa Marlene Dietrich e l’assicurazione – e questo è tutto!»

«Come vi sentite, praticate ancora la medicina?».
«No, non più, ho lasciato sei mesi fa, non sto abbastanza bene ».

«I vicini qui vi conoscono come Céline?».
«Mi conoscono quel che basta per non esserne contenti».

E non diede altre spiegazioni. «Cosa fa per la maggior parte del tempo?»
«Son sempre a casa… i cani… ho cose da fare… mi tengo occupato… non vedo nessuno… non esco…sono occupato».

«Sta scrivendo?».
«Sì, sì, sto scrivendo… Devo vivere, così scrivo… No! Lo Odio! L’ho sempre odiato… è la cosa più terribile da fare, per me…non mi è mai piaciuto, ma sono bravo a farlo… non m’interessa per nulla, quello che scrivo – ma devo farlo. È tortura, è il lavoro più duro al mondo».

La sua faccia è ossuta, scavata, ed è grigia; e i suoi occhi cose terribili da guardarvi dentro; era rabbioso all’idea di dover ancora lavorare.
«Ho quasi 67… in maggio avrò 67… e questa tortura, il lavoro più duro al mondo…».

Gallimard, il suo editore, ha recentemente pubblicato il suo ultimo libro, “Nord”.
«È su quanto i tedeschi hanno sofferto durante la guerra», disse Céline. «Nessuno ha scritto su questo… No! No! non dovresti dirlo, questo, quanto soffrirono… sta buonino… shhh!». Fece il gesto di mettersi il dito sulle labbra. «Non è bello parlare di questo… sta calmo… NO! solo l’altra parte ha sofferto… shhh!».

Tra i libri di Céline tradotti in inglese vi sono Morte a credito, Viaggio al termine della notte e Guignol’s band. Céline è stato accusato da molte persone responsabili di aver scritto degli articoli e pamphlet incendiari e antisemiti durante l’occupazione tedesca della Francia. Questi apparvero in numerosi giornali francesi e fu riferito che furono ristampati dai tedeschi per il pubblico in Germania.

I suoi libri, comunque, furono banditi nella Germania nazista. Come risultato di queste accuse, fu costretto a lasciare il paese. Andò in Danimarca, dove visse per sei anni, ma passò due di questi anni in una prigione danese.

«Perché è andato in Danimarca? »
«Là avevo dei soldi. Qua non avevo nulla». «
È stato costretto a lasciare la Francia…è stato il governo a dirvi di andarvene… o è stata una vostra decisione?»
«Avevano saccheggiato il mio appartamento a Montparnasse… ».

«Chi?».
«Dei pazzi, ecco chi… portarono via tutto quello che possedevo, tutto quello che avevo… ero fuori in quel momento, con mia moglie, quando tornammo tutto era distrutto… rovinato… tutto ucciso… andai in Danimarca».

Qualche giorno dopo la mia conversazione con Céline incontrai un ex membro della Resistenza francese, che aveva fatto parte del gruppo di saccheggiatori dei quali aveva parlato Céline. Quest’uomo mi assicurò che se Céline fosse stato in casa quando i razziatori colpirono, quasi certamente sarebbe stato assassinato.

«Perché fu imprigionato in Danimarca? ».
«Ero un criminale di guerra».
«Era stato accusato di collaborazionismo? ».
«Ho detto criminale di guerra! Non capisce! Criminale di guerra! Non mi si accusava di collaborazionismo… Ero un criminale di guerra! È chiaro questo!»

«Si crede che lei abbia scritto cose contro gli ebrei».
«Non ho scritto nulla contro gli ebrei… tutto quello che ho detto era “che gli ebrei ci stanno spingendo in guerra”, e questo è quanto. Avevano una rogna con Hitler, e non erano affari nostri, non avremmo dovuto impicciarcene. Gli ebrei hanno avuto una guerra di lamentele per due migliaia di anni, e adesso Hitler gli aveva dato causa di altri lamenti. Non ho nulla contro gli ebrei… non è logico dire qualcosa di buono o cattivo su cinque milioni di persone».

Questa fu la fine della discussione su questo tema. Céline tornò in Francia nel 1950, dopo sei tristi anni in Danimarca. Quando ritornò, grida oltraggiate si levarono da numerosi settori della stampa francese e da molti funzionari governativi, che richiedevano altre punizioni. Nulla fu compiuto ufficialmente, ma come accennato da Céline stesso, i vicini esprimevano chiaramente cosa pensavano di lui.

LA MUSICA ADATTA
Avevo la sensazione, sedendo nella cucina di Céline, osservandolo e ascoltandolo, che, nonostante tutto quello che diceva, a dispetto della sua naturale rudezza e apparente rifiuto dei contatti personali, fosse felice di aver qualcuno che era venuto a trovarlo, qualcuno che lo ascoltasse e che gli facesse delle domande; di ricordare il passato, che dimostrasse come non fosse dimenticato – che la gente leggesse ancora “Morte a credito” e “Viaggio al termine della notte”.

Si discuteva di lui nonostante tutte le difficoltà, e gli odi, e il sapore amaro che lasciava in molti. Se c’è ancora un qualche spirito in lui, e sembra dubbio, è uno spirito che dice: «Io conosco quale è la musica adatta… io conosco il motivetto giusto… non sentono nulla…».

«Lei disse di non riuscire a leggere dei libri attuali, che erano “nati morti, incompiuti, non scritti…”. State leggendo qualcosa, ora?».
«Leggo l’enciclopedia e Punch, e basta. Punch non è divertente, ci provano ma non ci riescono».

«Non c’è nessuno che lei considera oggi uno scrittore degno di considerazione?».
Prima che io potessi suggerirne uno, ribatté: «Chi, Hemingway? È un falso, un dilettante… i realisti francesi del 19° secolo erano un centinaio di volte meglio». E sparò velocemente i nomi di numerosi scrittori francesi, così velocemente che non riuscii a comprenderli. «Dos Passos ha un bello stile, e basta».

«E Camus?», chiesi innocentemente.
«Camus!». Pensai che mi tirasse un vaso. «Camus!» mi ripetè, stupito. «È una nullità… un morali sta… sempre a dire agli altri cos’è giusto e cos’è sbagliato…cosa dovrebbero fare e cosa non dovrebbero fare… sposatevi, non sposatevi… questo spetta alla chiesa… è una nullità!».

Céline quindi propose il romanziere inglese Lawrence Durrell. «Un intero libro su come bacia una ragazza, i diversi modi come può baciare e cosa significano… questo sarebbe scrivere? Questo non è il mio scrivere, è nulla, è uno spreco. I miei libri non sono così, i miei libri sono stile, nient’altro, solo stile. Questa è l’unica cosa per cui scrivere».

STILE INIMITABILE
«Chi sa quanti hanno cercato di copiare il mio stile…ma non possono. Non possono riuscirci per quattrocento pagine di seguito, provateci, non ce la possono fare… questo è tutto quello che ho, solo stile, nient’altro. Non ci sono messaggi nei miei libri, quello spetta alla chiesa!» Sbuffò e fece un gesto noncurante con la mano. «No, i mei libri saranno presto dimenticati, non significano niente, non cambiano nulla, non serve ma nulla…».

«Sono stato di tutto, un cowboy in America, contrabbandiere a Londra, uno squalo, proprio di tutto. Ho lavorato da quando avevo undici anni. So di cosa si tratta… conosco la lingua francese. Posso scrivere, e basta». «Ascoltate la gente parlare in strada… non ha nulla a che fare con i libri… è sempre: “Allora gli ho detto… e lui mi ha detto e allora gli ho detto” – attori, ecco. Tutti vogliono gli applausi. Il vescovo dice: “Ieri ho parlato a duemila persone, domani parlerò davanti a tremila” Questa è la religione! Guardate il papa -quando la gente vede il papa, lo vorrebbero mangiare! È così grasso – mangia troppo, beve troppo…attori, ecco cosa sono tutti!».

«Alla gente interessano le assicurazioni e il divertimento – tutto qui. Sesso! Ecco dov’è la lotta… ognuno vuole mangiare l’altro… Ecco perché hanno paura del Negro. È forte! È pieno di energia! Prevarrà. Ecco perché ne hanno paura… è il suo momento, ce ne sono troppi… mostra i suoi muscoli… l’uomo bianco ha paura… è molle. È stato in cima per troppo tempo… la puzza ha raggiunto il tetto, e il Negro, la sente, la odora, e sta in attesa della vittoria… non ci vorrà ancora molto».

«È il tempo del colore giallo… il nero e il bianco si mischieranno e il giallo dominerà, ecco. È un dato di fatto biologico, quando bianco e nero si mischiano, il giallo ne esce più forte, questa è l’unica cosa… tra duecento anni qualcuno guarderà la statua di un uomo bianco e chiederà se una cosa così strana fosse esistita realmente…e qualcuno risponderà: “Ma no, deve essere stata ridipinta”».

«Questa è la risposta! L’uomo bianco appartiene al passato… è già finito, estinto! È il turno per qualcosa di nuovo. Qua tutti parlano, ma non sanno nulla… lasciateli andare laggiù, e vedrete che le chiacchiere sono tutt’altra musica là, sono stato in Africa, so com’è, so che è molto forte, sanno dove stanno andando a finire… l’uomo bianco ha seppellito la sua testa troppo a lungo nell’utero… ha lasciato che la chiesa lo corrompesse, tutti si son fatti tirar dentro…non ti è permesso di dire questo… il papa ti guarda, stai attento… non dire nulla! Il cielo lo proibisce… NO! È un peccato… sarai crocifisso… stai a cuccia… sta buono… non abbaiare… non mordere… ecco la tua pappa… zitto!».

«Non c’è niente dentro di loro… sono come dei tori, sbandiera qualcosa per distrarli; tette, patriottismo, la chiesa, qualunque cosa, in effetti, e salteranno. Non ci vuole molto, è facilissimo… vogliono sempre essere distratti… niente importa… la vita è molto facile».

LIBRI PER LE DONNE
Per quello che sembrò un lungo periodo, Céline non disse nulla. Infine, dissi di non aver mai conosciuto una donna che non fosse disgustata dai suoi libri, che non riuscivano mai a finirli. «Certo, certo, che si aspettava… i miei libri non sono per le donne… hanno i loro trucchi, loro… il letto… soldi…. I loro giochetti… i miei libri non sono i loro trucchi… lo sanno da loro, come cavarsela…»

«No, non vedo più nessuno… sì, mia figlia è viva, sta a Parigi, non la vedo mai. Ha cinque figli. Non li ho mai visti». Nuovamente un lungo silenzio. E poi: «… Non c’è dubbio – Io sono un perseguitato… un lebbroso». Silenzio. «Apri la porta, e entra un nemico… » Silenzio. «Devo lasciarvi, ora… devo scrivere». Mi mise alla porta.



lunedì 26 aprile 2010

Louis-Ferdinand Céline e Satisfiction




Sorpresa: grazie a Gian Paolo Serino, nel prossimo numero di Satisfiction, tra gli altri inediti, c'è la "nostra" intervista di Céline a Robert Stromberg; vista la grande tiratura e diffusione della rivista, una grande occasione per far parlare di Céline!


Ovviamente il nostro contributo è stato gratuito, dovrebbe esserci però un rimando al nostro blog!

Buona settimana a tutti,

Andrea



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Ecco come sarà la 'nuova' Satisfiction targata Vasco Rossi



ANTEPRIMA/ Su Affaritaliani.it tutti i particolari sull'ottavo numero (il primo che ha come editore "spericolato" Vasco Rossi) della rivista letteraria freepress "Satisfiction. Soddisfatti o rimborsati" (trimestrale fondato da Gian Paolo Serino), in uscita il 6 maggio. Tanti gli inediti: da Stephen King a Dan Fante, passando per Louis-Ferdinand Celine e Hunther Thompson...
Lunedí 26.04.2010 13:03



Da giovedì 6 maggio arriva nelle librerie il numero 8 di SATISFICTION, “Soddisfatti o rimborsati”. La prima rivista gratuita, ma mai scontata, che rimborsa i libri consigliati e propone inediti di grandi autori classici e contemporanei. Da questo numero Satisfiction, trimestrale edito da Mattioli 1885, trova in Vasco Rossi “un editore spericolato, soddisfatto e rimborsato”. La rockstar, già lettore e collaboratore di Satisfiction, ha deciso di investire in prima persona nel progetto Satisfiction.

COSI' VASCO ROSSI: “La vera libera informazione si trova nei libri. Sono soddisfatto per aver investito in un mezzo di diffusione letteraria e culturale come antidoto a questa valanga di cronaca sensazionalistica e informazione drogata. Rimborsato dal fatto che qualcuno avrà così la possibilità di essere informato su pensieri e opere di Autori, che non si sentono al telegiornale, che non parlano in politichese o politicamente. Autori che rappresentano la coscienza umana e raccontano quello che vedono, quello che sentono e quello che pensano, senza strumentalizzazioni”

Da giovedì 6 maggio potete trovare Satisfiction gratuitamente nelle librerie Feltrinelli e Fnac, nelle Librerie Coop, Arion e Mondadori oltre che nelle maggiori librerie indipendenti.




L’elenco completo, città per città, su http://www.satisfiction.it/distribuzione.php

In questo numero di SATISFICTION, tra gli altri, inediti di:

STEPHEN KING
HENRY ROTH
TOBIAS WOLFF
LOUIS-FERDINAND CELINE
CLARO
HUNTHER THOMPSON
DAN FANTE
PAUL BOWLES
ANTONIO MARRAS

Recensioni "soddisfatti e rimborsati" firmate dai critici letterari e scrittori:
Linnio Accorroni (Stilos), Daniela Amenta (L’Unità), Antonio Armano (Il Giornale), Cristiano Armati, Paolo Bianchi (Libero), Franco Capacchione (Rolling Stone), Ottavio Cappellani (Libero), Anna Claudia Furgeri Caramaschi (Wuz), Alberto Casadei (L’Indice dei libri), Stefano Ciavatta (Il Riformista), Luca Crovi (Radio2 Rai), Mario De Santis (Radio Deejay), Riccardo Di Gennaro (L’Unità), Stefano Feltri (Il Fatto), Marco Ferrante (Il Riformista), Paolo Ferrari (La Stampa), Florinda Fiamma (Rolling Stone), Stefano Gallerani (Alias- Il Manifesto), Paolo Giordano (Il Giornale), Francesco Longo (Il Riformista), Tiziana Lo Porto (D la Repubblica), Giancarlo Mancini (Radio3 Rai), Luigi Mascheroni (Il Giornale), Gianluca Mercadante (Pulp Libri), Raul Montanari, Matteo Nucci (il Venerdì - la Repubblica), Seba Pezzani (Il Giornale), Tommaso Pincio (Il Manifesto), Andrea Scanzi (La Stampa), Marika Surace (Grazia), Chiara Todeschini (Kult), Stefania Vitulli (Il Giornale), Alessandro Zaccuri (Avvenire)

In questo numero (i prossimi a settembre e dicembre 2010) :

Stephen King si confronta con Raymond Carver: non solo lo scrittore ma anche l’uomo e l’artista dalle mille contraddizioni. Capace di comporre tra i più grandi “racconti” del ‘900 non solo americano per poi perdersi in una biografia a dir poco “spericolata” contro quelle che Stephen King chiama “le crudeltà del mondo editoriale”

Henry Roth, il grandissimo scrittore americano, autore di un capolavoro come “Chiamalo sonno”, in un brano (prima parte di un lungo frammento che verrà proposto a puntate su Satisfiction) tratto dai suoi manoscritti inediti.
In “Merci da trasporto” affronta una crisi simile a quella di molti altri scrittori suoi contemporanei (da John Steinbeck a Nathaniel West): il richiamo di Hollywood. Ma Roth era la persona meno adatta per lavorare in un mondo come quello cinematografico. Il suo sogno di ricchezza si trasformò in un vero e proprio fallimento e fu costretto a tornare a New York in autostop, chiedendo passaggi, senza un soldo.
Visse la crisi degli anni Trenta, lo smarrimento di identità dopo la guerra, i problemi creati dalla questione sionista e la paura del maccartismo. La sua biografia, congiunta con la sua opera, è il riassunto della storia degli intellettuali ebrei negli Stati Uniti. Philip Roth, che ha letto parte di questi scritti inediti, si è ispirato a Henry Roth (e a Bernard Malamud) per creare il personaggio di Litvinoff, “lo scrittore fantasma”.

Tobias Wolff, considerato uno dei maestri del “racconto breve” non solo americano, ci racconta il suo punto di vista sulle “scuole di scrittura creativa”. “Alcune sono davvero orge di auto-affermazione, altre sono stupidamente viziose e distruttive. Ma, in fin dei conti, è difficile affermare che facciano troppo danno”. Anche perché Wolff sottolinea come uno dei vezzi intellettuali contemporanei sia di considerare la scrittura come un lavoro per uomini e donne solitari: Wolff ci fa vedere che cosa si guadagna a lavorare in un gruppo, in mezzo a persone che hanno la stessa preoccupazione: lo scrivere.

Louis-Ferdinand Céline: “Non c’è niente dentro di loro… sono come dei tori, sbandiera qualcosa per distrarli; tette, patriottismo, la chiesa, qualunque cosa, in effetti, e salteranno. Non ci vuole molto, è facilissimo… vogliono sempre essere distratti… niente importa… la vita è molto facile”. “L’uomo bianco appartiene al passato”: in questo testo un Céline ormai prossimo alla morte, dalla figura curva e però ancora imponente, e dal volto ossuto ma dallo sguardo cupo e intenso; un vero crippled giant che si presenta senza difese: non un gigionesco intrattenitore, sempre più felice di suscitare il ribrezzo con il suo cinismo studiato e le sue pose da dandy della banlieue, ma una persona profondamente segnata dalla vita e sgomentata dalla stupidità e dalla futilità dell’uomo moderno. Un Céline che non si rassegna alla pura contemplazione di tanto sfacelo.

Dan Fante: “John Fante e i Dieci di Hollywood” è un racconto inedito in cui lo scrittore americano ricorda il padre John ed in particolare il rapporto, un tempo conflittuale, tra i veri artisti della scrittura e l’allora nascente industria cinematografica di Hollywood. Proprio Dan Fante sarà in Italia a Giugno per leggere alcuni suoi inediti, la nuova edizione di “Angeli a pezzi” e il nuovo romanzo “Buttarsi” (edito, come i precedenti, da Marcos y Marcos)

Paul Bowles: l’autore di “Senza mai fermarsi” e “Il te nel deserto”, in questo racconto biografico “17, Quai Voltaire” rievoca i mesi tra il 1931 e il 1932 in cui il giovanissimo compositore americano (Bowles intraprese la carriera letteraria in un secondo momento) visse a Parigi. Gli anni ai quali si fa riferimento furono incredibilmente intensi e proficui per i rappresentanti di quella comunità artistico-culturale americana trapiantata a Parigi e in genere in Europa: si pensi ad esempio a Henry Miller, Gertrude Stein, Ezra Pound, questi ultimi due protagonisti proprio del racconto “17, Quai Voltaire”: l’indirizzo di casa dove Paul Bowles ha vissuto quegli anni così importanti per la propria formazione artistica.

Claro: Ricordi alternati dalla corrente assediata. Tre uomini vanno avanti e indietro nel tempo con una sola unica ossessione: la scarica elettrica che fulmina e attraversa la carne fino a bruciarla, fino a un dolore che è insieme piacere, indecente, scandaloso macabro. Un uomo si accoppia con un generatore elettrico in un amplesso mortale, un altro si masturba sulla sedia elettrica alla sua chiusura, vagheggiando sesso ad alto voltaggio con una “putain magnetique” – una come Szuszu, “la ragazza elettrica”, che ossessionava i sogni e i desideri del suo antico antenato – il maestro dell’illusione Harry Houdini. Come corrente alternata tre storie fluiscono fino al corto circuito, dal laboratorio dell’inventore dell’elettricità Thomas Edison, al circo dei freak dove Houdini si esibiva chiuso in gabbia e stretto nella camicia di forza, portando il suo corpo ai limiti dell’umano, fino allo scantinato di Howard Hordinary, boia addetto alla sedia elettrica, mandato in pensione dall’avvento dell’iniezione letale dallo stato della Pensylvania nel 1999. La carne elettrica: l’opera più ambiziosa e devastante di Claro, riconosciuto tra i maggiori esponenti della nuova narrativa francese, finalmente in Italia pubblicata da Nutrimenti (ottobre 2010) e che Satisfiction propone in assoluta anteprima.

Hunther S. Thompson: Muhammad Ali. Da “Paure, deliri e la grande pesca allo squalo”, raccolta di scritti giornalistici che sarà pubblicata in Italia a fine Giugno per Baldini Castoldi Dalai, pubblichiamo in anteprima ed esclusiva l’inedito ritratto che Hunther Thompson, inventore del “Gonzo Journalism” e autore tra gli altri di “Paura e disgusto a Las Vegas”, ci regala del suo vecchio amico Muhammad Ali.

Antonio Marras: Il geniale stilista inaugura la rubrica “Satisfashion”. In ogni numero i protagonisti della moda internazionale diventeranno critici letterari consigliandoci, a loro modo, le proprie letture. Inizia proprio Antonio Marras in un consiglio che si tra forma nel racconto “Il Rabdomante di memorie”




Satisfiction:

Ideata e diretta da: Gian Paolo Serino
Progetto: Associazione Satisfiction
Art director: Lorenzo Butti
Direttore editoriale: Gian Carlo Soresina
Vicedirettore: Stefano Ciavatta

Redazione:

Antonio Armano, Francesco Borgonovo, Anna Claudia Furgeri Caramaschi, Leonardo Luccone, Nicola Manuppelli, Daniele Piccini, Davide Sapienza, Chiara Todeschini

Editore: Mattioli 1885 SPA
Editore spericolato soddisfatto “e “ rimborsato: Vasco Rossi




Si ringraziano tutti i critici e gli scrittori che hanno partecipato a Satisfiction: senza il loro entusiasmo e la loro passione Satisfiction non potrebbe esistere.

Si ringraziano: Tania Sachs e Floriano Fini; Paolo Soraci e Alessandra Cozzolino; Paolo Cioni e Massimiliano Franzoni.

Tutti i numeri precedenti di Satisfiction li potete trovare su www.satisfiction.it

Sul sito è possibile abbonarsi e ricevere direttamente a casa la rivista, oltre che sostenere attivamente l’Associazione Culturale Satisfiction. Il blog di Satisfiction è http://satisfiction.menstyle.it

Satisfiction è su Facebook (5 mila iscritti alla pagina gruppo, 4 mila iscritti in 2 settimane alla nuova pagina “Fan”) e su MYSPACE. Satisfiction è anche su www.vascorossi.net , sito ufficiale di Vasco Rossi. Su Vasco Rossi Facebook (1 milione di iscritti) potete trovare notizie e news su Satisfiction


sabato 24 aprile 2010

Viaggio al termine della notte in E-Book



Approprosito dei costi delle ristampe di Céline, vi segnalo che da questo link (bel sito di teatro e dintorni, tra l'altro) potete accedere al Viaggio in E-Book. Anche se l'avete già letto, è utile per copiaincollare citazioni, fare ricerche nel testo usando il comando "trova nella pagina" del vostro browser, etc.!

giovedì 22 aprile 2010

mercoledì 21 aprile 2010

"Le onde" di Céline



Per gentile concessione dell'editore Via del vento e gentilezza della traduttrice Anna Rizzello che ci legge dalla Francia, pubblichiamo alcuni estratti del libro "Le onde", comprendente un breve racconto del giovane e "esordiente" Céline e due lettere. Grazie ancora!

LE ONDE

A bordo, 30 aprile 1917


I pochi passeggeri del Tarconia che erano riuniti quel giorno nel fumoir, formavano una piccola assemblea ben eterogenea, dove si mescolavano diverse razze e differenti confessioni.
Sprofondato nel divano più comodo, il Maggiore Tomkatrick aspirava la pipa e vuotava coscienziosamente un bicchiere dopo l’altro, soda alternata a brandy o whisky, in rispettabili proporzioni.
I tratti di quest’ufficiale scozzese erano impressi a una rigidezza serena che poteva passare indifferentemente per il segno di un contegno onesto e naturalmente maestoso o per l’espressione immobile della lussuria.
Si teneva stretto sul resto del divano un piccolo signore untuoso, governatore di una colonia portoghese, che sosteneva in quel momento un’accesa conversazione in un francese fantasioso col caldo accento che gli era caratteristico.
Il suo antagonista era uno Svizzero, un signor Brünner senza un’età apparente, placido e grasso come un pascolo bernese.
Il suo eloquio era penoso e d’una lentezza voluta, poiché diffidava dell’eccitamento volubile che faceva generalmente trasparire dalla sua pronuncia reminiscenze spiacevoli, come d’un fruscio tenace di paglia recisa.
Assicurava d’altra parte, che lo scopo del suo viaggio oltremare era la prova dell’interesse che portava agli Alleati, poiché si trattava per lui di occupare in un paese belligerante un impiego lasciato vacante dalla mobilitazione.
Puntellava quest’affermazione con svariati argomenti che riteneva altamente convincenti, quali i rischi da affrontare in un eventuale siluramento, e prima di tutto il suo nobile rifiuto dinanzi alle vantaggiose proposte di lavoro fattegli da una ditta di Pforzheim nei giorni precedenti la sua partenza.
È probabile, ribatté il Governatore Portoghese con voce tonante, che quel giorno il marco fosse crollato. Pronunciava la parola crollato da far venire le vertigini. Il signor Brünner, non credette opportuno dar prova di spirito, ma si lasciò sfuggire una frecciata
traditrice, sulle ragioni che a parer suo motivavano la discesa in campo dei Portoghesi, ragioni ch’egli non giudicava affatto completamente disinteressate.
Pretese di tirare conclusioni insidiose dal sequestro delle navi nemiche nei loro porti. Fu questa la scintilla che scatenò la legittima e rumorosa indignazione del Governatore che non esitò più ad accusare la Repubblica Elvetica della più bassa venalità, attribuendo il mantenimento della sua stretta neutralità alla mancanza di risorse che presentavano i porti svizzeri a questo riguardo.
Poco distante da quella disputa, a malapena poggiato sul bordo di una poltrona girevole, il signor Camuzet lottava contro il mal di mare.
Faceva mostra, per questo motivo, nei riguardi della conversazione generale, di una sdegnosa indifferenza. Il signor Camuzet, era stato, in altri tempi, neo accademico di una cattedra di Storia in una delle nostre facoltà, il suo insegnamento libero da ogni vincolo dogmatico, assumeva volentieri tendenze volterriane, che gli avevano procurato qualche lezione agitata.
Su istigazione, è vero, di una stampa reazionaria, rumorosa, ma fortunatamente priva di ripercussioni quanto alla promozione che gli stava molto a cuore. Seppe persino conquistarsi una bella notorietà che somigliava contemporaneamente alla gloria e all’obbrobrio da quando in una serie di lezioni che avevano fatto scalpore presentò come frutto di ricerche personali, prove inaspettate sulle relazioni di natura particolare e ch’egli assicurava abituali tra Luigi [XI] e il suo consigliere Filippo di Commynes.
Si vantava persino d’aver fatto scaturire piccanti delucidazioni sulla fine del Re Santo ch’egli attribuiva agli ultimi attacchi di un male che non è punto in odore di santità.
Se queste astute penetrazioni gli avevano valso presso i guardiani delle buone cause una reputazione deplorevole, avevano però consolidato considerevolmente la sua posizione sulla piazza, e il Governatore lo annoverava a partire da allora fra i propagatori attivi e illuminati del pensiero liberale, gli entusiasti vedevano in lui un nuovo apostolo della fede repubblicana areligiosa consapevole.
Tra le cose fortemente impreviste, la dichiarazione di guerra aveva fatto fiorire nel signor Camuzet nobili tendenze patriottiche. Per qualche giorno, perse ogni controllo concreto sul proprio animo, che sentì violento, combattivo, animato da sentimenti irrefragabili che non s’era mai conosciuto, di una grandezza che non aveva mai supposto.
Decise, allora, di scendere in strada e dare libero sfogo in arringhe di rara elevatezza alla collera indignata che non riusciva più a dominare e la cui testimonianza pubblica non avrebbe certo mancato di comunicare alla folla, in un eccesso d’odio, la volontà definitiva di vincere l’aggressore.
Desiderando dar subito una forma attiva alle proprie risoluzioni, fu su una birreria tedesca che diresse i suoi fulmini.
Salito, in equilibrio instabile, su un tavolo da caffè, stimolò la riprovazione ancora esitante di una folla ostile ammassata davanti all’entrata. La sua eloquenza seppe imboccare la strada che conduce al cuore delle masse, poiché dopo qualche istante non v’era più nulla di integro in tutto il locale salvo una bottiglia di genziana disdegnata, che un cocchiere ruppe del resto di stizza contro il paravento metallico del vespasiano sul marciapiede di fronte.
Già assimilava la natura del proprio trionfo a quelli che Catone il Censore aveva dovuto conoscere, allorché un signore, sobriamente vestito, lo pregò d’accompagnarlo in Commissariato.
Gli furono poste lì, alcune domande indiscrete, ma la sua notorietà e relazioni comuni, erano garanzie dell’indulgenza del Commissario, che si contentò a esporgli con deferenza i seri inconvenienti che presentavano sempre nelle loro conseguenze ed effetti le manifestazioni intemperate del furore popolare, raggiungendo questo, disse, ciecamente talvolta, scopi molto diversi da quelli che si propone in origine di raggiungere.
La folla rumoreggiava dinanzi al Commissariato come prima aveva rumoreggiato dinanzi alla birreria, reclamando il suo oratore, sebbene voci discordanti proclamassero che fosse una spia.
Il Commissario rimise in libertà il signor Camuzet che sicuro ora della sua influenza sulle masse, ma stanco d’essere tribuno decise d’essere console, e fu da demagogo più moderato che passò di nuovo dal Commissariato alla strada, con le parole Vado a calmare il Popolo.
[…]


LETTERA A SIMONE SAINTU Compal, 31 luglio 1916

Mia cara Simone,
sono appena arrivato al campo-base, ma niente posta, pazienza, non posso credere che abbiate dimenticato il vostro amico – È quindi al servizio postale che ne attribuisco l’assenza –
Oggi sono due anni che ho lasciato Rambouillet per la grande avventura, e da allora abbiamo ucciso molto, e uccidiamo ancora, instancabilmente fastidiosamente, la guerra inizia a farmi l’effetto di una ignobile tragedia su cui il sipario si abbassa e si rialza senza tregua, davanti ad un pubblico stanco, ma troppo esausto per alzarsi e andare via –
Quasi tutti quelli con cui ero partito in guerra sono stati uccisi, i pochi che restano sono irrimediabilmente mutilati, alcuni infine come me, errano un po’ ovunque, alla ricerca di una pace e di un oblìo che non trovano più –
Questo sarà mia cara Simone il destino di molti altri e gli «erranti» che provocherà la guerra saranno numerosi –
I pregiudizi, che costituiscono lo sfondo abituale della struttura sociale, non sono sufficientemente solidi per sostenere coloro che hanno visto da vicino i visi afflitti, l’aspetto malandato, il cuore tremante davanti alla morte di tutti quegli uomini che godono nella vita organizzata di una «solida reputazione» d’una «posizione eccellente» e di tanti altri adagi che a loro sono serviti , per lunghi anni, a dirigere in modo dottorale le masse rispettosamente sottomesse dei nullatenènti –
Che triste spettacolo mia cara amica, quello che la maggior parte ha recitato dinanzi a colei che non perdona gli attori mediocri –
Quanti codardi ho anche visto, che giorni prima tenevano a bada popoli di subalterni,
così, anch’io, adesso sono insieme a molti altri pieno di un penoso scetticismo verso questo stuolo di pretenziosi imbecilli perlopiù, il cui solo talento risiedeva nel mantenere tra loro e gli osservatori una cortina opaca, o piuttosto di un colore a loro favorevole, attraverso cui il popolo corrugato contemplava il suo oppressore, si ribellava a volte – ma così facendo consacrava l’efficacia di quel miraggio ingannevole.
La morte che non può essere ingannata ha però dissolto quel fascino pernicioso – e gli uomini mi sono apparsi, tutti senza distinzione, terribilmente eguali per la maggior parte, potendo distinguersi dalla massa solo attraverso due cose e comunque di rado – i vizi o l’intelligenza –
Tengono alla vita, tutti, in egual misura, e non accettano di sacrificarla che per tre ragioni − il fuoco sacro. che somiglia molto ad una fobia qualsiasi; per mancanza d’immaginazione che confina con la miseria psichica, ed infine per un terzo ed ultimo motivo, un grande amor proprio –
Chiamate tutto ciò come volete − rigirate, cambiate le espressioni − cercate delle scorciatoie, non troverete altri moventi al sacrificio supremo, agghindatelo coi nomi più pomposi, annunciatelo in proposizioni infiammate, niente può impedirvelo –
Il gruppetto dei codardi appare infimo allora, e non aspetta altro che una spintarella per sistemarsi in una delle tre categorie in cui molti hanno il solo merito di esservi stati spinti –
Infine, una piccolissima minoranza di vigliacchi ai quali le tre qualità mancheranno, o ne possederanno solo una, ma in misura troppo elevata per essere annullata da un’altra, compensatrice.
Mi ci voleva questa grande prova per conoscere l’intimo dei miei simili, sui quali nutrivo forti dubbi –
[…]

A SIMONE SAINTU


25 ottobre 1916

Mia cara Simone,
In un articolo di Urban Gohier ho trovato una massima incisiva.

«La letteratura francese di domani dovrebbe essere schiettamente francese, vale a dire viva, sana, gaia, confortante −
Essa sarà invece più ebrea che mai, vale a dire morbosa, commerciale, istericamente patriottica per sfruttare la corrente moderna − E la falsità dell’ispirazione sarà tanto più rivoltante in quanto deformerà i sentimenti più delicati»

Un mio amico che ricopre una carica sociale assai importante mi ha scritto:

Vecchio mio, il comitato segreto si è riunito, ha discusso a lungo, rumorosamente, inutilmente − Si sono insultati, un mucchio di gente ha parlato di cose che non conosceva, dato che quando sanno qualcosa dichiarano di non volerne parlare,
La folla è rimasta dietro il muro, il muro dietro il quale succede tutto,
Non abbiamo sentito nulla − Nulla è trapelato I deputati da tempo avevano avuto cura di costruirne un secondo, un muro sordo, un muro di Cadaveri −

Non crediate affatto, mia cara Simone, che io condivida in pieno il parere del mio macabro amico Al contrario, trovo che incorre nello stesso errore degli altri −
Applicare agli attori della guerra, seguendo le proprie convinzioni in fatto di aggettivi peggiorativi o elogiativi, far professione di bellicismo o pacifismo, vuol dire sempre dibattersi nell’errore.
Esso è comune, ha inizio nel momento stesso in cui applichiamo i nostri punti di vista ad un fatto derivante da un’evoluzione in cui l’avviamento, l’andamento e le circostanze che hanno potuto modificarne, alterarne, rallentarne o accelerarne il fiorire − sono anteriori alla nostra personale evoluzione − Pronunciarsi su un intero fenomeno, quando non ne conosciamo le fasi che per sentito dire, è un errore grossolano Ma giudicare un intero fenomeno solo prendendone in considerazione l’esito, di cui noi siamo parte ricevente ed interessata, diventa un anacronismo −
I cataclismi come la guerra, sono totalmente indipendenti dalla nostra libertà − Le civiltà che la sorte o l’evoluzione stessa di quest’evoluzione renderà nemiche, sono ripiegate su se stesse, nell’ingannevole illusione d’essere le direttrici della guerra −
Da qui, quei formidabili errori Non vedo forse sulla stampa francese la parola Civiltà con la C. maiuscola in opposizione alla K. di Kultur ? Perché incappare esattamente nello stesso difetto dei tedeschi, e voler imporre loro una forma d’organizzazione sociale che noi consideriamo perfetta ma che loro possono trovare difettosa come noi troviamo la Kultur ridicola ed odiosa?
Abbiamo la pretesa d’essere gli apostoli dell’individualismo liberato − e i campioni della Libertà −
Ma chi ci dice che i Tedeschi non vedano il prototipo della libertà in un’organizzazione militare che protegga e garantisca dall’esterno le individualità tedesche − ?
Con quale argomentazione irrefutabile ci avete messo al riparo dall’errore ed assicurato l’esclusiva della verità − ?
Quando Musset scrive − «Tutti i popoli si levano nel nome della Libertà − Avrebbe dovuto scrivere della «loro» libertà e qui sta il punto − Almeno credo −
Resto pienamente del parere che scagliare l’anatema su un fenomeno qualsiasi la cui intera evoluzione supera in durata la nostra propria durata, è ragionare alla leggera e verosimilmente a torto −
E persino su un fatto contemporaneo la nostra imparzialità riposa su basi molto esili e il nostro giudizio dev’essere comprovato da mille fatti certi che spesso ci fanno difetto −
Come potremmo giudicare con qualche garanzia di giustizia un assemblaggio d’evoluzione che generazioni diverse e spesso nemiche hanno trasformato e le cui sole opinioni quasi sempre contraddittorie devono sostenere il nostro giudizio e la nostra critica […]

mercoledì 14 aprile 2010

Céline di Vandromme, lavori in corso...



Stiamo lavorando per voi!

Questa è la possibile copertina (un'immagine che mi piace molto, con il bellissimo, tenero sorriso di Arletty per il nostro LFC), stiamo impaginando e correggendo qualche imprecisione della precedente edizione...

Verrà circa 100 pag., brossura, f.to 14x21.

Lettere dall'esilio: Milton Hindus





Da: Louis-Ferdinand Céline
Lettere dall'esilio 1947-1949
1992, Rosellina Archinto Editore, Milano

Milton Hindus ebreo americano fu professore di letteratura all'Università di
Chicago e recensore entusiasta di Mort à Credit.
Fu tra i firmatari della petizione a favore di Céline nel 1947 lanciata
dall'avvocato Julien Cornell sottoscritta da un gruppo di intellettuali
americani tra cui Henry Miller, Edgard Varèse, Robert Parker e l'editore James
Laughlin.

Scheda di Harm Wulf, che ringraziamo!

Hindus (a destra) fu autore della biografia di Céline The crippled giant, che non risultò gradita a Céline, portando a una rottura del rapporto tra i due.

Ma Peau sur la table. Chantier autour de Louis-Ferdinand Céline



Au Théâtre 95 le vendredi 23 avril à 21h et le mardi 15 juin à 21h : Ma Peau sur la table. Chantier autour de Louis-Ferdinand Céline, d'après les textes et interviews de Louis Ferdinand Céline.

Mise en scène et conception de David Ayal et Géraud Bénech, avec Stanislas de la Tousche.

« Voici venu ce chantier autour des derniers romans et interviews de Louis-Ferdinand Céline. Une étape d’un futur spectacle qui se construit pas à pas en se cherchant.
Pour mieux saisir ce qui est en jeu dans ces textes, quelques repères biographiques : Juin 1944 - l’Histoire bascule. Menacé de mort, Céline, l’auteur du Voyage au bout de la nuit, le médecin, le collabo, l’antisémite, quitte Paris en catastrophe… destination l’Allemagne.
Errance de palaces décatis en villes bombardées.
Un but… le Danemark, la liberté, une réserve d’or.
Céline est arrêté en décembre 1945, à Copenhague… la vie sauve contre la prison… puis l’exil, le grand Belt, au Nord… au froid, 5 ans ! Il écrit.
1951 – Retour en France – procès – installation à Bellevue, en ermite, sur les hauteurs de Meudon…
Brisé, cassé en deux, mais toujours accroché à sa plume, Céline poursuit, s’éreinte… publie Féérie et D’un château l’autre et deux autres romans encore…Comme toujours, c’est dans la vie, la sienne qu’il puise la matière brute… présent, passé, souvenirs. Quelques visiteurs… des proches – et bientôt les journalistes… micros, caméras ; il faut vendre… se vendre. Céline fait son numéro. Céline est mort il y a bientôt 50 ans. Autour de l’homme et de l’œuvre la polémique reste vive. Céline divise… Célinophiles – Célinophobes, on s’étripe, on s’injurie parfois.
La liberté totale qu’il prend avec lui-même, avec la langue, avec les autres fait violence. Elle est le miroir d’un monde violent… le sien... Sans doute aussi le nôtre. »
Géraud Bénech

Réservations : 01 30 38 11 99 ou www.theatre95.fr
Théâtre 95
Allée du Théâtre • BP 70098 • 95021 Cergy-Pontoise Cédex

domenica 11 aprile 2010

Gisy intervista Andrea Lombardi: "Louis-Ferdinand Céline in foto"



Grazie a Gisela Scerman potete leggervi una intervista a memedesimo sul suo blog :-)

Louis Ferdinand Céline in foto, un libro fatto di saggi e interviste inedite in Italia, e niente di meno che una raccolta di fotografie più o meno conosciute e sconosciute, dello stesso Céline. Come mai la scelta di affrontare in maniera piuttosto personale (nel senso di ideazione e realizzazione) un lavoro su di un autore così importante? Cosa ha rappresentato per te Céline, e cosa ti ha suggerito?

Non essendo né un critico letterario né un esperto di letteratura francese, fare un libro di foto era la mia unica chance di pubblicare qualcosa su Céline!

Scherzi a parte (o quasi), l’idea del libro è nata dal blog celine.blogspot.com , da me creato qualche anno fa. Lo stesso blog era nato soltanto come un piccolo spazio personale, tanto per provare la piattaforma blogger… sennonché, senza saperlo, avevo invece riempito un grosso vuoto nell’etere informatico: in effetti non vi era alcun sito specifico in italiano dedicato a Céline, e in breve tempo mi sono trovato circondato da un numero crescente di céliniani italiani che visitavano e sostenevano il sito; ormai sono degli amici veri e propri, e ho avuto anche la fortuna di conoscerne di persona diversi. Così, anche grazie a un céliniano “professionista”, Gilberto Tura, ho sentito la necessità di fare qualcosa che non fosse solo il “copia-incolla” di una biobibliografia di Céline, ma di dare ai “miei” amici e appassionati di Céline qualcosa di diverso, ricordando questo “gigante spezzato” traducendo alcune sue interviste e ricordi di chi lo aveva conosciuto, dalla moglie Lucette Alamnsor, allo scrittore Michel Aymè, dall’ex Ministro di Vichy Abel Bonnard , all’attrice Arletty, al grande scultore Arno Breker, Gen Paul, Rebatet… in massima parte materiale inedito in Italia, prima postato sul blog e quindi pubblicato nel libro “Louis-Ferdinand Céline in foto”, con altri scritti, saggi critico letterari, e una rassegna fotografica comprendente l’infanzia di Céline, la prima guerra mondiale, gli anni del successo del Viaggio al termine della notte e Morte a credito, l’Occupazione, l’esilio in Danimarca e il termine della notte a Meudon…

Céline per me rappresenterà sempre l’emozione di leggere il Viaggio da adolescente, uno dei pochi libri che letti al momento giusto ti cambiano la tua visione della vita.

Per le traduzioni delle varie interviste di Céline e su Céline che non erano mai state pubblicate in Italia; su che criterio ti sei appoggiato per poter fare un buon lavoro, sicuramente di non facile realizzazione?


Il paradosso è che ho studiato francese solo alle medie, mentre traduco molto di più, anche professionalmente – traduco testi di storia militare - dall’inglese! Però per tradurre Céline, devi innanzitutto sentire la sua “petite musique”… anche nella sua lettera più breve, Céline è là; una volta che hai capito la sua “musica”, leggendolo e rileggendolo per anni, il più è fatto.

Ricordiamo che qualche tempo fa, curasti un Pamphlet di inferocite lettere di Céline "al già diventato succubo Sartre" come lui stesso dice...

Questa è stata la mia prima possibilità di cimentarmi, nel mio piccolissimo, con Céline… dell’Agitato in provetta c’era stata già una prima traduzione italiana, (poi ristampata), di difficile reperibilità… la brevità del pamphlet mi aveva incoraggiato a tentare: facemmo un piccolo libretto, con il testo francese e la traduzione a fronte; ricordo le mie risate man mano che traducevo i sempre più pirotecnici insulti di Céline a Sartre, anzi, Tartre!


Céline, discusso, idealizzato, amato, odiato, cosa si sbaglia ancora oggi nell'idea di Céline?

Guarda, in teoria per non sbagliarsi basterebbe leggerlo e basta.

Ultimamente, con quella mancanza di equilibrio tipicamente italiana, dopo che negli ultimi anni, in Italia, si era tornati alla demonizzazione di Céline o al massimo agli ipocriti distinguo, in alcuni recenti saggi si è passati a incensarlo a priori, condonando i lati negativi di Céline, reali o presunti, in nome di un trasporto emotivo, e questo è comprensibile, o di un interesse a portarlo, una volta emendati i suoi difetti, nella propria parte politica; in un caso recente, tanto per cambiare rispetto all’incasellamento di Céline nel milieu della destra radicale, Céline è stato arruolato d’ufficio nel pantheon degli autori comunisti… sulla base attendibilissima di una frase e mezza di Céline, peraltro scritta nel contesto vorticosamente polemico dei pamphlet, ed espunta dall’intero corpo di opere e lettere dello scrittore francese, il quale, peraltro, aveva lucidamente sgomberato il campo da ogni possibile dubbio nel suo discorso di Medan; cito dal “Louis-Ferdinand Céline in foto”:

[…] durante le celebrazioni dell’anniversario della morte di Emile Zola, Céline, il primo ottobre 1934, nel suo discorso di Medan, rifiuta sia la società capitalista sia quella marxista, sconcertando la sinistra francese, che aveva tentato di portare nel suo alveo lo scrittore. Céline, infatti, dichiarò:

Noi siamo giunti alla fine di venti secoli di civilizzazione e, comunque, nessun regime potrebbe resistere a due mesi di verità. Io voglio dire che vedo la società marxista uguale alla nostra borghese ed a quelle fasciste.



Cosa distingue il Céline uomo dal Céline autore se è possibile fare distinzione?

No, non credo si possano fare distinzioni tra il Céline uomo e Céline autore, mentre, ed è lui stesso ad averlo sempre stigmatizzato, il grande errore che si può fare è confondere Bardamu con Céline; molti equivoci sono nati – e parlo della critica, anche grande - considerando il Voyage come un’autobiografia di Céline.

Qual'è il grande insegnamento di Céline? E quanto centra o non c'entra con l'identità nazional-politica?


Il grande insegnamento di Céline è, a mio avviso, quello che si debba continuare a vedere nell’uomo un briciolo di umanità anche quando ci siamo resi già da tempo conto che l’umanità, di umanità ne ha ben poca.

Quindi direi che la politica non c’entra proprio; c’entra l’uomo.

Si continuerà sempre a parlare di Céline e l'antisemitismo? In Bagatelle per un massacro, e La scuola dei cadaveri, attribuisce la rovina della Francia agli ebrei, ma lui stesso dichiara che il solo vero crimine che ha commesso è stato di credere nella salvaguardia della propria nazione, e in ideali sbagliati, ma tutto inizia e finisce nel credere in un ideale, non nel compierne azioni criminose in maniera attiva...

Dovrebbe esser così chiaro che per scannarsi le nazioni e gli eserciti non aspettano certo le tre righe scritte da uno scrittore o dall’altro!

Céline ha avuto il torto imperdonabile di essere un uomo libero, perciò, come scrisse Dominique de Roux, doveva essere distrutto, è stato distrutto, dai suoi “confratelli letterari”. Se si fa parte di una combriccola, di destra, sinistra, bianca rossa o nera tutto si perdona o giustifica; il voler essere liberi, il non cercare appoggi nelle consorterie, mette paura, invidia e gelosia. L’”antisemitismo”, il presunto –anzi inesistente - collaborazionismo di Céline lo hanno reso vulnerabile ai piccoli uomini invidiosi del suo stile, come Sartre.

Perché Bagatelle per un massacro continua ad essere il suo libro più conosciuto, più esemplare, in cui sembra si identifica maggiormente la figura di Céline...

Dai, non sono d’accordo: in realtà il libro più conosciuto rimane il Viaggio; poi va da sé che se tu guardi le stringhe su Google è Bagattelle, ma solo perché, essendo difficilmente reperibile, c’è più gente che lo cerca nelle pieghe spaziotemporali del web!

E spesso, chi vuole vedere Céline solo in Bagattelle, è chi lo vuole incasellare tra i suoi buoni o i suoi cattivi, a seconda della propria bandiera.

Cèline, al contrario di ciò che si pensa trasuda una grande umanità, un grandissimo cuore, soprattutto dalle sue interviste si capisce la differenza tra un uomo e un grande uomo... i timori umani, la tenerezza, ma anche lo schifo e la miseria che può provare per il corpo, per l'invecchiare, per la condizione umana ...ma non solo qui, in Morte a credito dice esplicitamente

« Eccoci qui, ancora soli. C'è un'inerzia in tutto questo, una pesantezza, una tristezza... Fra poco sarò vecchio. E la sarà finita una buona volta. Gente n'è venuta tanta, in camera mia. Tutti han detto qualcosa. Mica m'han detto gran che. Se ne sono andati. Si sono fatti vecchi, miserabili e torbidi, ciascuno in un suo cantuccio di mondo. »


quindi anche molta pietà sulla condizione umana unita al disgusto, condizione che solo persone dotate di una feroce sensibilità possono scorgere.

Infatti non a caso Céline mette sempre, tra l’umanità disperante che popola la società abbietta e calcolatrice di tante sue opere, una o due perle: le Molly o gli Alcide che danno tutto senza chiedere nulla, e appaiono così normali mentre lo fanno.

Non tutti quelli che, come me leggono Céline son antisemiti, così non sempre chi legge Proust è omosessuale... questa è una dichiarazione, di Nicolas Sarkozy, Oggi Céline si legge di più per conoscere la storia, o per goderne la scrittura, o per condividere su degli ideali che forse oggi lui stesso sghignazzerebbe, ma che friggono nei cervelli di parecchia gente... o...?

Povero Sarkò! Temo che Céline non avrebbe una gran stima di lui, comunque bella frase. Se penso alla media dei miei amici céliniani, lo si legge per lo stile; anche perché “lo stile, è tutto!”Il Viaggio, lo leggi per vedere poi la realtà con altri occhi, se lo leggi presto. Céline all’inizio scriveva infatti per i giovani; quando si diventa uomini ormai al 99% si è incurabili.

A tuo parere, un traduttore che ha saputo tenere testa lo scrivere, il sentire di Céline?

Pontiggia nel Bagattelle. Bravissimo. Poi Ferrero, Celati... la traduzione peggiore sembra sia quella di Caproni di Morte a credito.

Sulle traduzioni, almeno per i nostri scrittori più amati, trovo che sia utile leggere uno o due libri in lingua originale: le opere tradotte –sarà lapalissiano- sono scritte da un altro, traduzione riuscita o meno… anzi, magari il rischio è che più è riuscita più è un’altra opera! Fuori di paradosso, questo è un problema quando a tradurre è uno scrittore e non un traduttore professionista; lo scrittore talvolta piega la traduzione secondo la sua sensibilità. Certe volte è un bene; spesso è male.

Il tuo nuovo libro ci offre qualcosa che prima non c'era...almeno in Italia...
Ci sono anche interventi (italiani) inopportuni di qualcuno che sembra non aver proprio colto lo spirito di Céline...

Grandiosi, Piperno e Moresco… visto il mio interesse professionale per la storia, nel “Louis-Ferdinand Céline in foto” volevo usare lo stesso metodo d’approccio che uso nei libri di storia da me scritti o curati: ossia emico, e non etico. Chi tratta di storia non dovrebbe tentare di cavare dagli avvenimenti storici insegnamenti morali (diffidate da chi pensa di insegnare la “Storia” con la “S” maiuscola…), ma dovrebbe solo presentare i fatti; un minimo di interpretazione ci sarà sempre, è inevitabile, ma per quanto possibile si deve dare precedenza ai fatti e ai documenti, non partire dal presupposto che i documenti dovranno provare la mia tesi! Lo stesso ho fatto con Céline; presentando la sua vita, le sue opere, le sue interviste, le fotografie sue e dei personaggi del suo tempo… la mia opinione su Céline, artista e uomo, è solo una filigrana leggera che tiene unite queste parti, come il filo di un aquilone. L’unica parte del libro dove ho accantonato questa linea guida è stato commentando quei due articoli di Piperno e Moresco, così superficiale l’uno, e così artefatto l’altro. Non è questione di pensarla diversamente: è che parlavano di una persona, e di un’opera, conoscendo poco o punto dell’una e dell’altra.

Cosa pensi che direbbe oggi Céline, se potesse guardare il mondo?

Se Céline commentava l’uomo del 1930, già tutto diritti e nessun dovere, come “l’impraticabile buco di culo che si crede Giove allo specchio” e che i proletari vogliono non la riscossa sociale ma poter giocare ai “whiskymilionari” figurati il Grande Fratello del 2010… ti rispondo con le parole di Aymè, uno dei migliori amici di Céline:

Le sue più grandi collere, le ho viste scatenarsi contro tutto ciò che riteneva conducente all’abbruttirsi dell’uomo, all’abbandono di se stesso: l’alcol, gli stupefacenti, l’abbuffarsi di cibo scadente, la sessualità sfrenata, il lusso, la miseria, le false barriere, la religione (ai suoi occhi, sembrava che i peccati contro la Chiesa, avvallassero i peccati contro l’uomo), le ipocrisie sociali e mondane che, sotto una copertura d’onestà, favorivano lo scatenarsi delle cattive intenzioni. No, non era la nausea che invadeva Céline allo spettacolo di una società accanita a distruggersi in ciascuno dei suoi individui. Era un odio robusto, potente l’odio di un nemico contro il quale non si sentiva totalmente disarmato per nulla, lui che aveva avuto la volontà di disciplinarsi e che pensava di fare un’opera meritoria nello spingere il naso di chiunque nella sua propria lordura.

…e ti ringrazio per la chiacchierata, salutando gli amici céliniani in giro per il web!
Se invece volete sentire la mia affascinante voce :-), cliccare qui per sentire un'intervista a Federico Zamboni su RadioAlzoZero!

Presentazione "Céline, gatto randagio"


lunedì 5 aprile 2010

Céliniana, di Dinamo Cardarelli



Un estratto di uno dei saggi su Céline in Céliniana, di Dinamo Cardarelli.

Un immense malentendu a toujours plané et continue a planer sur l'oeuvre et sur l'homme Céline.

André Brissaud

La nota scrittrice Anne de Noilles, quando fu pubblicato Voyage, intervistata, fece queste dichiarazioni (v. la rivista L'Herne, n. 3): « Voyage au bout de la nuit, dans sa formidable et rebutante brutalità m'a enchantée! Soit par sa poesie ou par son infernale compassion. On trouve chez M. Celine toutes les pitiés, tournées a la revolte. La lecture de cet ouvrage bouleversant ne devrait pas tomber aux mains de basses intelligen-ces ». E' un giudizio, pur nella improntitudine che lo cagionava, tanto comprensivo quanto acuto, tra i migliori ch'io conosca.
« Les pitiés » di Anne de Noilles. Queste pietà sgorgano improvvise, inaspettate, dal grigiore di una descrizione di cose e di uomini che vi serrava il cuore. Inaspettate e naturali nella loro primitività. Non s'appoggiano a un'aggettivazione di rilievo, rampollano improvvise, naturalissime e sono una consolazione per il lettore pur nella delicata ironia che le intride... come a sopirle. « Pietà » che sono come un cedimento... Sfuggite a una volontà decisa a tener duro, a non farsi giocare dall'emozione davanti a l'implacabile realtà. Queste « Pietà » trasudano nell'opera di Celine malgrado che lo Scrittore si ostini, deciso, a offrirci senza cedimenti tranches d'una realtà nuda e cruda tutta risofferta nel ricordo.
Celine assume la vita tutta intera com'è sotto i suoi occhi, buona e cattiva. Se ne eccede il cattivo non è perché lui così la vede ma perché così essa è. Su questo essere dell'uomo, irrimediabile, Celine sta.

Non ritaglia il quadretto per l'ammirazione di lettrici sensibili. Entra nella vita e ce la rida qual è sostanzialmente, senza attenuazioni. Voyage non è soltanto il romanzo suo, ma quello rappresentativo di tutta un'umanità.
Celine con Voyage e Mort a credit, ma col primo specialmente, ha rovesciato tutta intera la realtà come si rovescia una tasca, con la stessa naturalezza e facilità. Apparentemente, certo, perché questo lavoro ha costretto Celine a una introspezione intensiva che l'ha portato a vedere negli altri tanti se stesso e in se stesso riflessa tanta parte degli altri uomini. Donde lo scambio e il miscuglio. Così in Celine c'è tanto di Bardamu, tanto di Voireux, ecc.
Chi ha cercato e ha creduto di ritrovare Celine (Destouches) tutto intero in questo o in quel personaggio di Voyage e di Mort a credit ha sbagliato. Il vero Destouches c'è e non c'è; trasporto, dice l'Autore. Io direi piuttosto scomposto e ricomposto per captare un massimo di verità interiore della persona.

Che miserabile e miseranda impresa è stata quella di soffocare la genialità dell'opera di Celine cercando d'incastrarne il contenuto nella politica di regime, dalla quale e dal quale — qualunque esso fosse — s'è dichiaratamente tenuto con orgoglio e disgusto lontano! Anche oggi che la critica mondiale ha fi nalmente riconosciuto la importanza dell'opera di lui, essa non riesce a sciogliersi dall'obbligo di giudicarla sulla linea di una « politicità » che le è in effetto estranea, perché ne prescinde per principio.
E i Pamphlets, mi si obbietterà? Ma quelli, contrariamente alla volontà deliberata di chi volle considerarli come espressione di un'azione politica, sono invece la protesta contro ogni azione politica che tenda a limitare, a soffocare il sentimento popolare, ma soprattutto a contrariare quello personale dello Scrittore, nella delicata contingenza storica in cui era venuta a trovarsi la Francia nel periodo di tempo successivo al 1932, anno della pubblicazione di Voyage. Opera che, a chi la considera sotto un certo aspetto, preannuncia i Pamphlets. Per questo ho sostenuto e sostengo che questi integrano per un verso le opere precedenti e che è stato un errore, per puntiglio partigiano, l'averli esclusi dalla edizione « completa » di Celine. I Pamphlets sono invece il complemento della precedente opera di Celine. Perché ci fanno vedere un Celine allo scoperto, saltato fuori dalla trincea per andare all'assalto a viso scoperto giocando tutto per il tutto.
Sarebbe tempo che la malignità sordida che trapela da certa critica su Celine cedesse il posto a una più serena valutazione dei cosiddetti Pamphlets. Ai quali, del resto, il mezzo sterminio che ne fu ordinato dalle autorità politiche e la conseguente proibizione d'una ristampa (ancora in vigore a distanza di circa un quarantennio) ha giovato più che nuociuto a una conoscenza da parte dei lettori di Celine.
Essi furono un mastodontico soliloquio, a sfogo, urlato in certi casi più che gridato... alle stelle, che Celine dovette pagare col carcere e l'abiezione.
E' ridicolo considerare quegli scritti, come han fatto alcuni, con serietà accademica (v. ad esempio il recente libro di Jacqueline Morand: Les idees politiques de L.-F. Celine). Celine non si è sognato mai di inserirsi seriamente nella politica. Un correttivo alle conclusioni troppo rigide della Morand è stato offerto da P. Carile nell'ancora più recente libro Celine oggi (Bul-zoni ed. 1974). Ed è peccato che quei tre libri di Celine, invece di essere presi di mira con tanta feroce serietà, da politici e critici, non siano stati invece considerati nella luce prevalentemente letteraria, che più ad essi si confa, per il loro umore burlesco, alla Rabelais (che tuttavia ammanta, non si sostituisce all'intento vero che animò lo scrittore, ch'era serio e partiva da convincimenti ben radicati e d'importanza umana).
E' poi da osservare che, se intenzione di Celine fosse stata quella di compiere azione veramente politica, non sarebbe ricorso, come fece in gran parte in quei tre libri, a quel tipo di
espressione. Racconta Rabatet, l'autore di Decombres, che si trovò presente, imputato anche lui, ad una delle sedute del Tribunale parigino, che, alla lettura di Bagatelles, ordinata a titolo d'imputazione dallo stesso Tribunale, il pubblico scoppiò in tale generale e irrefrenabile risata che non fu più possibile continuare nella lettura, con effetto assolutamente negativo riguardo all'attesa.
Ci sono due stadi nella produzione romantica di Celine che vanno considerati separatamente: quello antecedente all'avventura tedesco-danese e conseguente prigionia dell'Autore, vale a dire Voyage au bout de la nuit e Mori a credit, e quello posteriore alla detta avventura, il quale ha impostazione e sostanza diverse dalle due opere primitive. In mezzo stanno i cosiddetti Pamphlets: Bagatelles pour un massacra, L'école des cadavres, Les beaux draps, che rappresentano il momento di lacerazione dell'opera céliniana, e che pur avendo motivi concettuali e di forma loro propri, debbono essere considerati come legati organicamente a tutta la rimanente opera di Celine. Il fatto di averli esclusi dalla sedicente edizione « completa » dell'opera sua fu un atto arbitrario che non trova sufficiente giustificazione. C'è poi una terza parte dell'opera di Celine che ha un suo valore particolare e che dovrà quando che sia esser messa in luce: è la corrispondenza epistolare. Essa illumina particolari di vita e di pensiero e ci da un Celine più immediatamente comunicativo, ad integrazione di quello che ci è dato di conoscere attraverso l'opera romantica.
Quanto al giudizio su l'uomo, esso rimane subordinato a una conoscenza più precisa dei casi della sua vita, specialmente nei riguardi del processo intentatogli in regime di Liberazione. Che non fu, perché non poteva essere, una cosa seria. Il vero processo denigratorio glielo fecero a Celine i cagnotti della Critica a servizio dei Liberatori. Che fu, nei fatti, il processo dell'Invidia al Genio. Perché gli elementi di accusa congegnati tutti, fatico-
samen te, a far apparire quel che Celine non era e non fu mai, un traditore della Patria, vanirono sotto una montagna di documenti assolutamente inconsistenti. Se fosse veramente esistito un serio motivo di accusa, il Governo danese non avrebbe potuto esimersi di dare corso alla richiesta di estradizione di Celine fattagli dal Governo francese. Si limitò invece, come si sa, a dare corso a un mandato di cattura e d'imprigionamento di Celine a Copenaghen. A mio parere, ci fu accordo tra i due Governi: fare qualcosa, ma senza andare a fondo: colpire, infamare l'uomo ma senza ucciderlo nel corpo. Sembrasse clemenza e fosse invece, come fu, più atroce supplizio che non la morte. Si trattava di uccidere, possibilmente, lo Spirito dell'uomo. Ma, a guardare bene, non riuscirono se non in apparenza. Confissero Celine in una visione ancora più sconsolante dell'uomo e del suo destino terreno. Riuscirono a far traballare Celine, non a buttarlo giù. Fu una condanna a dispetto. Un documento che colpisce più gli accusatori che non l'accusato.
Vedere se, per caso, il sequestro e la distruzione a fondo di gran parte degli esemplari di tutti e tre i volumi dei Pamphlets (attirando così, come avvenne, l'attenzione acuta sui rimanenti in circolazione) e l'assoluta proibizione d'una ristampa, non convinsero il pubblico dei lettori che il contenuto di quei libri era più vicino al vero delle cose di quanto il Governo De Gaulle e successori non volessero far credere, è un'indagine da fare, anche per capire ancora meglio e più, lo scrittore e l'uomo Celine.
Che cosa volevano essere ed erano i Pamphlets nel concetto di Celine? Uno sfogo personale in rappresentanza di molti altri francesi. Dire chiaro quello che molti sentivano e non sapevano o non potevano dire. Una interpretazione personale, personalissima, della pubblica opinione, in uno dei momenti storici più critici della Nazione. Era una occasione per dire tante cose che gli urgevano dentro da sempre e che il momento voleva che fossero non soltanto dette ma gridate e gridate con arte. Un grido d’allarme che doveva rinsavire la Francia […]

sabato 3 aprile 2010