giovedì 25 giugno 2009

Un Caffè con Céline: Celati e Le Clézio



Un Caffè con Céline
di Gilberto Tura

Nell'ambito della nascita della critica céliniana in Italia, fondata, finalmente, su basi scientifiche e sviluppatasi nella seconda metà degli anni '60, s'inserisce il n. 3 del 1970 della rivista bimestrale IL CAFFE' letterario e satirico. Vi compaiono, tradotti da Lino Gabellone, due testi di Céline: Viva l'amnistia, signore! e L'esagitato in provetta, due saggi (di seguito trascritti), il primo di Gianni Celati e il secondo dello scrittore francese, premio Nobel per la letteratura nel 2008, Jean-Marie-Gustave Le Clezio e infine Cinque sogni per Céline e cinque disegni e testi di Antonio Faeti, uno dei quali troverete in chiusura di post.

CELINE UNDERGROUND
di Gianni Celati

Presentando la traduzione americana di Morte a credito su "The New York Times Book Review" il romanziere Jay Friedman concludeva il suo discorso celebrativo con una dichiarazione meno scontata delle precedenti: « Una parte di me stesso spera che Céline non divenga un Grande Scrittore ufficiale ». Un bel pensiero e niente più, siccome nel mondo delle merci la logica dell'attribuzione di valore è regolata da ben più concreti meccanismi che non siano le opinioni dei critici. Ma è possibile registrare la fondatezza d'un simile atteggiamento, poiché Céline è scrittore underground in modo tanto esemplare da indicare oggi, come nessun Grande Scrittore ufficiale potrebbe fare, un limite di separazione decisivo; il limite tra le scelte negative che nascono da sillogismi verbali e finiscono lì, e quelle che si traducono in un completo coinvolgimento della persona coi rischi personalmente corsi che ci van dietro.
Céline fa effetto sul pubblico, ma davvero spaventa ancora gli esperti editoriali; soprattutto i benpensanti pronti a cavar di tasca tanti certificati di questa o di quella resistenza, ma poi servi ossequienti di un padrone che non vuol grane. Sicchè i suoi libri possono essere sì diffusi, ma ci si sente in dovere di attutire l'impatto con prefazioni bigotte che distinguano il pro e il contro e in fondo mostrino questo autore come il genio maledetto che non sapeva quel che faceva e perciò è da prendere con le molle. Tipica in questo senso la prefazione a Morte a credito, nata dall'incompetenza d'un tal Carlo Bo professore, la quale a buon diritto fa sospettare che il menzionato Carlo Bo non abbia mai letto niente di più del menzionato Morte a credito nella cattiva traduzione italiana d'un tal Giorgio Caproni poeta.
E' poi un fatto che i nuovi raffinati francesi di Tel Quel e Changes come i vecchi raffinati francesi della scuola dello sguardo manifestino una civile noncuranza per Céline. E' un fatto che ( quale che sia l'opinione di Monsieur David ) nell'avanguardia italiana altrettanto nobile e raffinata, Céline non trovi alcuna considerazione. Dovunque passino i confini dell'ufficialità e del professionismo culturale, lì non c'è posto per Céline, autore per molti versi dilettantesco e insostenibile partendo da una "coerente visione del mondo". E' un fatto anche che la moda di Céline si trasmetta per linee esterne, attraverso culti privati, passioni segrete che non raggiungono il piano della dichiarazione pubblica; perchè, chi se la sente di mettersi a inneggiare, e senza riserve, all'autore di Bagatelles pour un massacre, all'antisemita presunto collaborazionista amico dei collaborazionisti fucilati Denoël, Brasillach etc?

La BUONA COSCIENZA dell'europeo civilizzato illuminista e la cattiva coscienza del nazista bianco potrebbero confondersi o essere confuse e precipitare l'inneggiatore nel caos dell'indistinto. E' il timore magico che salta fuori, il timore di rivelare un contagio contratto privatamente, come l'assuefazione ad una droga, che porta il contagiato alla connivenza col nemico. Dove finisce la buona coscienza dell'europeo civilizzato illuminista e comincia l'anarchia della ribellione permanente, lì c'è un piccolo spiraglio verso il caos o l'irrazionale, dal quale bisogna tenersi a debita distanza perchè è lo spiraglio demoniaco della rabbia e dell'orrore che non quadra con i buoni propositi dei nostri uomini di cultura.
Al fondo è questo crogiuolo di rabbia e di orrore che può essere accostato solo privatamente, con riti segreti, come vizio estetizzante, ma mai esaltato in pubblico perchè inadatto ai gusti delle grandi menti illuminate. E allora poi, sapendo che Céline è stato antisemita, che non è stato per niente resistenziale, che è fuggito nella Germania nazista invece che nella ridente Inghilterra, che è stato in galera e processato come collaborazionista, come non giungere all'inferenza diretta e identificare le repulsioni per il proprio vizio nascosto con più razionali giudizi politici sulla persona del dottor Destouches? Le streghe sono sempre tra di noi, così come sopravvive la regola del capro espiatorio, e ancora un pacco di fogli demoniaci può costituire il movente d'una esecuzione.

COSI' CELINE vive nel sottosuolo, con tutte le streghe dell'inconscio dell'uomo bianco e nazista, popola i sogni delle scaltre menti con le perverse ambivalenze della colpa, affascina e ripugna, eccita la necrofilia latente di cui la nostra civiltà non può liberarsi. Il prezzo intero d'un rifiuto totale può essere solo l'esclusione totale; ma l'esclusione è totale solo quando arriva ad essere anche inconscia. Chi ne ha voglia faccia i dovuti confronti, ne cavi le conclusioni che vuole, per Cèline i conti tornano.
Adesso forse l'industria culturale può fare diventare Céline un Grande Scrittore; ma sarebbe ora di smettere di parlare di lui e di cominciare a parlare delle sue maschere comiche, anch'esse creature del sottosuolo come tutte le maschere comiche della nostra civiltà.


COME SI PUO' SCRIVERE IN ALTRO MODO?
di J.-M.-G. Le Clézio

Non si può non leggere Céline. Un giorno o l'altro ci si capita, perché è fatto così, perché c'è, e non si può ignorarlo. La letteratura francese contemporanea passa attraverso di lui, come passa attraverso Rimbaud, Kafka e Joyce. Céline appartiene a quella cultura sempre allo stato nascente che è in qualche modo il sogno del pensiero moderno.
Si arriva a lui e però lui non fa niente per attirare. Non cerca fedeli. Li rifiuta. Non vuole far parte della cultura, ha chiuso la porta del suo universo e ghigna. Quelli che l'accostano, lui li respinge. Sfugge tutti coloro che vogliono rinchiuderlo nella grande macchina classificatrice, sistematrice. Sa star lontano dagli omaggi. Non ha accettato la propria sepoltura.
Da lui non c'è né alto né basso, né entrata né uscita. Non propone nessuna forma geometrica, nessun genere, nessun sillabario. E tuttavia sappiamo che una parte del mondo è sua. E' sempre presente alla memoria, vero, completo, esemplare. E' sempre in vita.
Il fatto è che sta dentro la negazione in modo assoluto. L'idea della rivolta - contro la borghesia, il denaro, l'esercito, l'ordine - non ha avuto il tempo di diventare utilitaria. L'ha realizzata in un solo moto, dove la riflessione non è intervenuta. Non ci sono crimini in letteratura, né possono essercene. Ma c'é l'insulto. E' così che Céline accoglie quelli che l'avvicinano: insultandoli. L'insulto è una delle forme primarie del linguaggio, sia esso diretto: « Piscialetto! Fintoni! Somari! Puzzoni! Zucche! Voltagabbana! Ohé! Mammolette! ». Sia che si formi per mezzo d'un aneddoto, d'una immagine: «Ma a pensarci su, tutto considerato, la mia muta di cani mi dà dei bei fastidi, sicuro!... Ma mi protegge dai cialtroni... Io non mi fido di quelli che passano... gli sconosciuti... e i conosciuti! Sentono i cani che abbaiano... spiavano, fanno dietro front!... gli assassini non vogliono mica correr rischi!... Quando v'ammazzano sono più prudenti d'un borghese che si compra le Suez... ». Si tratta sempre dello stesso atto d'aggressione che prevede il male e lo combatte per mezzo d'un altro male. Non è un linguaggio che cerca di sedurre in maniera lineare, ma un linguaggio che procede con una serie di colpi, un linguaggio che si fonda sul dolore. E' attraverso il dolore che Céline sfugge alla letteratura, che ne resta per così dire al di fuori, fuori tiro. Lui non è stato al gioco. Non ha ammesso né il romanzo né la storia. Non ha accettato la società degli uomini.
Ma è anche l'insulto, il linguaggio gettato, sincopato, impulsivo, dove ogni punto esclamativo è un ostacolo in cui va a sbattere l'intelligenza ( il punto esclamativo è prima di tutto l'indizio d'un punto muto), che esercita tanto fascino su di noi che siamo stati conquistati dal linguaggio coerenre. Fascino fatto d'orrore, e giubilo fatto di paura. Qualcuno ha scelto di restare in ombra, qualcuno ha scelto d'essere testimone.
Il veicolo di questo insulto continuamente eretto contro di noi, è un linguaggio che sta ai margini, si capisce. L'argot celiniano non ha niente a che fare con quello del romanzo populista o del romanzo poliziesco. Può trattarsi dell'argot di guerra come in Casse-Pipe e Guignol's Band. Ma in Voyage, in Mort à credit e in D'un château l'autre è davvero un altro linguaggio che Céline inventa, un codice segreto da cui siamo deliberatamente esclusi. Dalla chiusura del linguaggio indoviniamo il sistema celiniano: il rifiuto non è più soltanto un atteggiamento davanti al mondo, è l'invenzione d'un altro mondo.
Questo particolarismo è spaventoso. Ma superata la barriera ( eper far ciò dobbiamo abbandonare ogni pretesa di giudizio ) eccoci noi stessi inventati dal sistema. Chi ha letto Voyage, e soprattutto lo straordinario Mort à credit, chi li ha vissuti, si trova sottomesso alle regole dell'universo celiniano: come si può scrivere in altro modo? Come sfuggire a questo sguardo bruciante, come sfuggire la mostruosa ferocia del mondo? Céline è uno di quelli che bisogna dimenticare per poter vivere.
Il fatto è che nell'universo di Céline niente è gratuito. Niente è immaginato. Quel mondo lì esiste, proprio accanto a noi, dall'altra parte del vetro del nostro scompartimento. Voyage au bout de la nuit è quello che ci avvicina a questa realtà del rifiuto, a questa altra verità. Non sorprende che questi libri siano degli itinerari. Non nello spazio, non nel tempo, ma attraverso lo spettacolo della conoscenza. Mentre gli scrittori, i veri ( forse che siano loro i falsi? ) osservano lo spettacolo dal di fuori, Céline ci attira verso l'interno delle cose. Bardamu è l'eterno adolescente al quale il mondo non cessa di aprire le porte dell'avventura. Avventura verso il dubbio, verso l'orrore, avventura verso la lucidità e la distruzione.
Céline si è aperto al linguaggio solo per questo: per esecrare. La sua disgrazia, e la nostra, è d'essere un giorno riconosciuti sotto le spoglie del fanciullo Jonkind, l'innocente che non sa parlare. La signora Merrywin ha un bel ripetergli senza tregua: « No trouble, Jonkind? No trouble! ». Il caos è stato scoperto. La disgrazia, il dubbio, la morte hanno rivelato i loro tratti sotto la maschera. Allora, più niente da sperare. Più niente da perdonare.
«Io non ci rispondevo niente. Io me ne stavo lì, sull'attenti. Lui si tastava il revolver. Io non capivo un bel niente. Lui doveva ancora avercela con me. Io per me, io non perdona mai».
Più niente. Quasi più niente. Un filo sottilissimo, appena visibile, che trattiene a terra. Un pò di vento, un pò di paura, e il filo trattenuto subito si rompe, lasciando filar via la sfera di vita preziosa.
Scrivere è questo filo.
Per Céline, come per Kafka e per Rimbaud, non si trattava allora più di alimentare il gran concerto dell'intelligenza. Né di portare le sue briciole all'elaborazione d'una coscienza universale. Si trattava solo, ben conoscendo le scadenze, di restar vivo, del tutto vivo, con l'anima e con i sensi. Allora le maledizioni e gli insulti non sono più soltanto parole, o grida dìaiuto. I punti esclamativi non sono più soltanto pugni tirati. Destouches, vecchio guaritore, forse sei tu quello che saprà far scoppiare i nostri bubboni.

(Traduzione di Gianni Celati)



Di come Ferdinand vedesse, in un'ultima passeggiata al Luxembourg, prima di arruolarsi nel Reggimento della Luna, il cielo popolarsi di dirigibili, palloni e macchine volanti costruite in un ultimo sogno da Courtial des Pereires, e il medesimo Courtial des Pereires intento a discutere con Camillo Flammarion del più pesante e del più leggero, affermando contro ogni dubbio che il più leggero trionferà su tutti i voli umani.

sabato 20 giugno 2009

Bardamu: Céline e Vinicio Capossela



Vinicio Capossela dedicò anni fa una bellissima canzone al "nostro" Bardamu (in una intervista, Capossela dichiarò che il successo del suo LP "Canzoni a manovella" si sarebbe visto dalle vendite di "Scandalo negli abissi"!)... e aggiungiamo che in molte canzoni di Capossela, si respira l'aria picaresca di "Guignol's Band"!

Per quanto scura la notte è passata e non lascia che schiuma di birra slavata
e una spiaggia e una linea di sabbia è il fronte di un addio
gli altri si cambino l'anima per meglio tradire per meglio scordare
Bum Bum Bum Bardamù Bum Bum Bum Bardamù
Corazzieri Trapanati! All'armi in fila! Agli aerostati!
Dirigibili all'idrogeno nell'aria si involano
e le ballerine in fila danzano danzano leggere, leggere in tutù
leggere, leggere di più della mia porcheria
Sparato tra gli astri in pallone rigonfio di musica solo al richiamo più lontano
voglio la notte e la voglio senza luna..
Ma niente canzoni d'amor mai più mi prendano il cuor
la notte è passata e le nuvole gonfiano schiuma di Baltico e cenere e cenere avrò...
Bum Bum Bum Bardamù Bum Bum Bum Bardamù
leggere, leggere in tutù leggere, leggere di più della mia porcheria
Se è circo che vogliono circo daremo e cariole di occhi e rimpianti
e fosforo e zolfo e profumo di niente e di Nord
e ancora si cambino l'anima per meglio tradire per meglio scordare...
Ma niente canzoni d'amor mai più mi prendano il cuor
la notte è passata e le nuvole gonfiano schiuma di Baltico e cenere e cenere avrò...
(l'emozione è tutto nella vita,quando siete morti è finita... l'emozione è tutto nella vita, quando siete morti è finita...)
E in una recente intervista...

Chi è il poeta più musicale, e perché, quale poesia vorresti tradurre in musica?
«Ho provato a tradurre in musica La ballata del vecchio marinaio di Coleridge… poi ho anche provato a fare la stessa cosa con alcune rime di Michelangelo, che come lavoro forse è anche più semplice perché hanno già una loro metrica musicale, un po’ come per i madrigali… sono composizioni che hanno già quella forma che ti permette di cantarle e farne qualcosa in musica. Ed è così quindi che se ne scopre, cantandole, la loro musicalità. Le “Rime” di Michelangelo hanno la stessa “tensione” delle sue opere (pittura, scultura…), e in esse il loro autore viene ancora più umanamente messo a nudo. Altre poesie, invece, non hanno neanche bisogno di essere tradotte in musica perché già lo sono, come Via Scarlatti di Vittorio Sereni».
«Credo comunque che il più alto connubio, sotto questo profilo, lo si sia raggiunto nella canzone in forma di tango degli anni ‘40-‘50 con Annibal Troilo, Osvaldo Pugliese, musicisti che si unirono a veri e propri poeti, come Alberto Castillo o Horacio Ferrer. Ecco, in quel caso, ho sempre sentito una vera “unione” tra verso poetico-musicale e musica. In generale comunque non credo che esistano vere e proprie divisioni, semplicemente la canzone è una “terza forma” che è diversa dalla musica e dalla poesia. Io con le canzoni cerco di dare la scenografia, la colonna sonora,…la canzone è una forma che ricollego, in qualche modo, di più al cinema; è una forma-strumento.
Uno scrittore che è riuscito a unire le tre forme è Louis-Ferdinand Céline, e non solo perché usava quasi le parole come se le mettesse in musica, ma anche perché nelle sue opere ci sono continui rimandi a riferimenti musicali di estrazione popolare».
PS: Capossela dedicava, tra gli altri, il suo album "Canzoni a manovella" anche ai "marinai in bottiglia". Perciò, ci è ancor più caro. Ma questa è un'altra storia...

giovedì 18 giugno 2009

Sabato puntata di "In Europa", Radiorai1, dedicata a Louis-Ferdinand Céline



Puntata dedicata a Louis-Ferdinand Céline per la trasmissione IN EUROPA, condotta da Umberto Broccoli e Tiziana Di Simone. La puntata andrà in onda su Radiorai 1 sabato 20 giugno dalle ore 10,10 alle ore 11,00... e siamo felicissimi di annunciare che all'interno di essa troverà spazio una intervista su Céline al bravo Gilberto Tura, esperto céliniano e animatore di questo Blog!



Seguendo questo link sarà poi possibile ascoltare la trasmissione in Podcast!

martedì 9 giugno 2009

Il pulcino di Céline: Gilberto Giovagnoli e l'editrice Pulcinoelefante celebrano Céline








Il pulcino di Céline

di Gilberto Tura

Oggi voglio parlarvi di un amico, un carissimo amico. Si chiama Gilberto Giovagnoli ed è un artista. E' anche un grande esperto e appassionato di letteratura, soprattutto francese. Superfluo dire che uno dei suoi scrittori preferiti è Céline. E proprio a Céline, negli anni, ha dedicato vari lavori. Quello che vi presento oggi è l'ultimo lavoro (si tratta di un'opera multipla, in seguito spiegherò meglio la sua natura) in ordine di tempo (i primi risalgono alla seconda metà degli anni '70), pubblicato dalla piccola, anzi piccolissima casa editrice Pulcinoelefante, ma che nei suoi ventisette anni di esistenza è riuscita a costruirsi una fama unica e rara, grazie all'originalità e al pregio sia grafico che tipografico dei libri pubblicati. L'artefice di questo piccolo (grande) miracolo editoriale è Alberto Casiraghy, personaggio ricco d'ingegno e poliedrico: oltre a editore è anche musicista, scrittore e pittore. Il principio ispiratore dell'attività di Casiraghy concepisce il libro non come semplice oggetto industriale di consumo, ma come opera d'arte, come oggetto singolo e autonomo, capace, nella sua originalità e unicità, di esprimere un valore estetico, artistico e culturale compiuto. A dimostrazione di questa affermazione aggiungo che il libriccino che sto presentando vanta una tiratura di ventotto copie, e ciascuna di esse è corredata da un disegno, raffigurante Céline, diverso dagli altri ventisette, tutti realizzati da Giovagnoli.
Dal 1982 ad oggi Pulcinoelefante ha pubblicato più di settemila titoli con oltre cinquemila tra scrittori, poeti e illustratori tra i quali, per citarne solo alcuni, Fernanda Pivano, Gillo Dorfles, Franco Loi, Enrico Baj, Bruno Munari, Emilio Tadini, Ottiero Ottieri, Mimmo Paladino, oltre ad altrettanti sconosciuti. Ma il più importante incontro di Casiraghy è quello con la poetessa Alda Merini della quale, negli anni, stamperà oltre mille libriccini.
I volumi sono realizzati con tecniche esclusivamente artigianali come i caratteri mobili in piombo Bodoni corpo 8 neretto, due doppioni di carta da incisione color naturale cuciti a mano sul dorso per un totale di quattro pagine, escluse le copertine.

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Ringrazio Gilberto per la bella scheda, e i due Gilberto per la copia donatami!

Andrea Lombardi

Su RadioAlzoZero - The Ghost of Tom Joad, Federico Zamboni intervista Andrea Lombardi, autore del libro "Louis-Ferdinand Céline in foto"


Su RadioAlzoZero - The Ghost of Tom Joad, Federico Zamboni intervista Andrea Lombardi, autore del libro "Louis-Ferdinand Céline in foto. Immagini, ricordi, interviste e saggi".



Cliccare qui per il Podcast della trasmissione di lunedì 8 giugno 2009.


Un grande ringraziamento a Federico Zamboni e alla redazione della trasmissione!