venerdì 28 dicembre 2007

Da un castello all'altro



Il risentimento ti punge, l'acredine, l'odio... che tutti sti porci ti schizzano!... che scialacquano a ogni Ristoro, ogni Motel, ogni giro di ruota, per noi ben di che vivere un mese!... e poi per non ammosciarsi! sradicare una siepe!... il loro trucco masochista non mi frega!... dico io! nè la pettorina di Loukoum! nè le sbirrerie del Tartre... nè l'occhio di pesce fritto di Achille... nè l'altro il qui nominato Vaillant! valente di che cosa! che voleva assassinarmi!... sì! che è salito su di sopra apposta! che lo dice dappertutto! che lo ha scritto!... eh merda! io sono qui! non è troppo tardi! che venga lo aspetto!... sono sempre qui, mi assento mai, resto apposta per i ritardatari... una primavera... due... tre... sarò più qui... sarà troppo tardi... sarò morto di naturale...

L-F Céline, Da un castello all'altro, Einaudi, 1991, pag. 14.

giovedì 27 dicembre 2007

Céline bio (English Text)

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Céline: pseudonym of Louis-Ferdinand Destouches.French writer and physician who, while admired for his talent, is better known for his anti-Semitism and misanthropy.

Céline received his medical degree in 1924 and traveled extensively on medical missions for the League of Nations. In 1928 he opened a practice in a suburb of Paris, writing in his spare time. He became famous with his first novel, Voyage au bout de la nuit (1932; Journey to the End of Night), the story of a man's tortured and hopeless search for meaning, written in a vehement and disjointed style that marked its author as a major innovator of 20th-century French literature. Therefollowed Mort à crédit (1936; Death on the Installment Plan), a similarly bleak portrayal of a world bereft of value, beauty, and decency.
Though a favourite of the left wing, Céline was disenchanted by a visit to the Soviet Union and said so in Mea Culpa (1937). He later developed fanatically anti-Semitic sentiments, expressed in three notorious pamphlets: Bagatelles pour un massacre (1937; “Trifles for a Massacre”), L'École des cadavres (1938; “School for Corpses”), and Les Beaux Draps (1941; “The Fine Mess”). These works also attacked the French.
At the outbreak of World War II, Céline enlisted in the ambulance service, but after the fall of France in 1940 he rejected both collaboration and resistance and returned instead to work at a dispensary at Bezons. Fearing that he would be charged with collaboration, he fled during the Allied liberation of France to Denmark via Germany, which was then undergoing the height of the Allied bombing campaigns. In Denmark he was imprisoned for more than a year after French officials charged him with collaboration and demanded his extradition. He returned to France in 1951 after a military tribunal in Paris granted him amnesty. On his return, he resumed the practice of medicine and continued to write. His last works, a trilogy composed of D'un Château l'autre (1957; Castle to Castle), Nord (1960; North), and Rigodon (1969; Rigadoon), depict World War II as seen from within Germany; they are viewed by some critics as equal in power and style to his two celebrated early novels. Other works include Guignol's Band (1944), Casse Pipe (1949; “Shooting Gallery”), and Entretiens avec le Professeur Y (1955; “Conversations with Professor Y”).
During the 1930s Céline enjoyed a high reputation, but it diminished during and after the war years because of his increasingly vicious and hysterical misanthropy. The relentless despair, amorality, rage, and eroticism of his works continue to disturb some critics, who object to his underlying viewpoint even when they praise his apocalyptic lyricism. Other critics find a paradoxical humanism in Céline's agonized rhetoric and interpret his ravings as a revolt against the world's intolerable evil.

Fonte: Enciclopedia Britannica online

Intervista di Hanrez a Céline



Louis Ferdinand Destouches detto Cèline 1894-1961

1944: Cèline lascia la Francia. Contro di lui c'è un mandato d'arresto. Roger Vailland ha giurato di ucciderlo. Gli viene rinfacciata la sua collaborazione con il Nazionalsocialismo, il suo antisemitismo. Cèline fugge in Germania, poi in Danimarca, perseguitato dall'odio dei democratici, dal disprezzo di Jean Paul Sartre. La sua stessa opera è dimenticata Cèline ritorna in Francia solo nel 1948. Continua a scrivere ma è circondato dall'ostilità generale e si ritira con la moglie Lucette e i suoi numerosi cani e gatti in una casa a Meudon. Ed è qui che riceve il giovane universitario belga Marc Hanrez per l'ultima, straordinaria intervista, apparsa su Frigidaire n.8-9 luglio-agosto 1981.

Hanrez: Vorrei farle alcune domande a proposito dell'aspetto mistico della sua opera, un aspetto che non è ancora stato trattato dalla critica. Secondo me, una concezione mistica della vita si può trovare nei passi più fiabeschi del "Viaggio al termine della notte", in " Morte a credito" e in altri libri.

Cèline: Ci troviamo a lato del problema. Se mi è consentito vorrei dire che vedo la cosa un po' diversamente. Tutti noi abbiamo il desiderio di penetrare questo mistero di cui lei parla, e a cui pittori e disegnatori si avvicinano più degli altri. C'è la linea, questa famosa linea: alcuni la trovano nella natura, gli alberi, i fiori, il mistero giapponese. Bisogna bene che ci si confronti tutti con la natura. Io, devo confessarlo, non ne sono poi così fiero, mi sono molto occupato del corpo umano, nella mia posizione d'anatomista, come esperto di dissezione. Amo molto la dissezione. Non è una mia invenzione, non sono certo il primo tizio che è affascinato dalla dissezione... Ma non è tutto, anche la forma vivente mi interessa. E' per questo che durante tutta la mia vita ho perduto. no, non ho perduto, ho passato molto del mio tempo intorno alle ballerine, perché volevo avvicinarmi alle linee e ai corpi che cerco (cosa che è esposta in "L'Eglise" e in "Fèerie"). La ricerca di questa linea astratta: un movimento di danza mi rende raggiante! Ne parla anche Valery, ma con volgarità. C'è gente che non capisce queste cose: Io mi sono personalmente educato a lungo a questo riguardo. Ero povero e mia madre era merlettaia. Avevamo delle clienti, io ero impressionato dalla loro bellezza fisica e m'interessavo moltissimo a loro, nella nostra infelicità (perché Dio solo sa quanto lavoravo!). Eppure non ero certo spinto in questa direzione. Tuttavia mio padre - era un disegnatore - aveva anche lui la tendenza a ricercare le linee. Per un uomo comune questo è solo un atteggiamento da porco. C'è, infatti, un lato erotico in questa smania d'osservare. E' l'istinto della riproduzione che si fa strada (cerchiamo di essere sinceri, non vorremmo certe pretendere di essere puri), ma c'è anche dell'altro. D'altra parte le disgrazie e i difetti fisici mi allontanano dal corpo umano, dalla persona.

Hanrez: Nell'opera "Entretiens di Robert Poulet", lei dice che la maggior parte degli uomini che la circondano sembrano dei morti. Che cosa intende con ciò?

Cèline: Si occupano di questioni volgarmente alimentari o aperitive; bevono, fumano, mangiano, in un modo tale che sono usciti dalla vita - per la vita. Digeriscono. La digestione è un atto molto complicato (di cui conosco il meccanismo) che li assorbe completamente: il loro cervello, il loro corpo.Essi non hanno più niente, hanno solo la pelle. Basta mettersi alla terrazza, guardare le persone: al primo colpo d'occhio, lei riconoscerà tutta una serie di distrofie, di volgari invalidità. Sono laide, penose da vedere! Sono orribili in tutti i paesi del resto. Ed io lo posso dire, visto che sono stato in molti paesi: ero in missione per la sezione d'igiene della Società delle Nazioni. Gli uomini li vedo totalmente assorbiti dalle funzioni bassamente digestive. E' l'istinto di conservazione (ci sono due istinti nell'uomo: la conservazione e la riproduzione.). Si abbuffano dieci volte più del necessario, bevono dieci volte di più di quanto dovrebbero; non sono altro che apparecchi digestivi. Molto a fatica lei potrà trovare un essere al fondo di questa zuppa alcolica e fumosa.ma non è interessante. Si ha a che fare con dei mostri.

Hanrez: Lei sostiene che l'individuo perde la sua coscienza.

Cèline: Assolutamente. Sia che si tratti di francesi, o di negri, o di gialli, o di rossi, l'istinto di conservazione li domina. Essi ne sono avviluppati, hanno chiuso. Basta qualche chiacchiera, qualche farfugliamento, delle grandi vanità, una decorazione, delle accademie: ed eccoli soddisfatti. Soddisfatti in una certa misura. Hanno sempre, in fondo, il gusto del circo romano. Gli uomini sono ancora incantati quando vedono altri battersi a sangue, quando assistono a torture. Ho sempre sostenuto che il teatro e il cinema annoiano. La gente non ama il cinema, non ama il teatro, si annoia, chi più chi meno. Si dice che un'opera è buona quando annoia meno di un'altra, ma non diverte mai. Invece sarebbe divertente uscire dal teatro e trovare aperto un circo romano, con dei mirmidoni, dei gladiatori, che si prendono a sciabolate, si squartano sul serio. Questo sì che è spettacolo, è quello che vogliono, ed è quello che succede!.

Hanrez: Qualche tempo fa lei mi ha detto che il mondo occidentale manca di fede. Quale sarebbe a suo avviso la fede che noi potremmo ritrovare o ricreare?

Cèline: La questione è chiusa, finita. Non c'è più fede perché siamo troppo vecchi. Il mondo occidentale è consumato dalle guerre, dalle chiacchiere, dall'alcool. Da quando hanno piantato la prima vigna, cioè quattro o cinque secoli prima di Cristo, si può dire che la storia d'Europa sia finita. prima dei druidi! Non c'è più storia.

Hanrez: Qual è il popolo o la serie di popoli che ora farà la storia?

Cèline: Sarà difficile. Credo che toccherà a quel popolo che saprà astenersi dal bere e dal mangiare. saranno gli asceti. Ma non vedo nessun asceta in questo momento. Buddha è enorme, un commissario del popolo cinese ha un grosso posteriore, come quello di un arcivescovo. Commissario del popolo, arcivescovo o ministro, tutti cominciano coll'avere un grosso culo, guance gonfie, zanne escrescenze ovunque. Sì abbuffano. è quello che chiamano "mangiar bene"! E solo dopo si dichiarano pronti a tutto. Quando un capo di stato rimpiazza un altro capo di stato, quando un generale. quando un presidente della Repubblica incontra un altro presidente della Repubblica, si prepara un menù, e questo menù, viene pubblicato dai giornali. Il pubblico guarda e dice: "Ah! Ma guarda che leccornie ammirevoli, involtini di bue, piselli dorati. Ah, che leccornie, che leccornie!". Lei capisce, questo significa dare alla digestione - all'istinto di conservazione, di conseguenza - un importanza enorme, ed è proprio questo che uccide. L'istinto di conservazione, blandito, vezzeggiato dalla medicina che fa progressi tutti i giorni, come certo lei sa, la chirurgia ecc. Insomma la gente è inadatta, non riesco a immaginarmi dei nuovi asceti.

Hanrez: Quindi secondo lei la razza umana del futuro sarà una razza d'asceti?

Cèline: Ah! Unicamente una razza d'asceti! Degli asceti che faranno ogni sforzo per eliminare ogni tendenza alla trippaglia. Altrimenti sarà mostruosa. Se si cercasse di allevare dei maiali, come si allevano gli uomini nessuno li comprerebbe: dei maiali alcolizzati! Noi siamo allevati molto peggio dei maiali, molto peggio dei cani, delle anatre, dei polli. Nessuna specie vivente sopravviverebbe al regime seguito dagli umani.

Hanrez: Lei parla di questo istinto di conservazione che ci spinge ai limiti e che ci uccide, ma questo istinto è pur sempre legato a quello della riproduzione, perché per riprodursi bisogna conservarsi.

Cèline: Guardi l'istinto della riproduzione se la sbriga da solo, non ha davvero bisogno di noi. Basta che l'uomo abbia un'erezione, che scarichi i suoi due tre cm. di sperma - ed oltre, voglio essere generoso - e riesce a riprodursi. Questo avviene tranquillamente, è molto facile. Quanto alla donna è sufficiente ch'essa si presti alla bisogna. è fatto. Non ci si occupa di lei, fa dei bambini senza neanche accorgersene. Madri di famiglia che hanno compiuto il loro dovere coniugale, è tutto.

Hanrez: A proposito della donna nella sua opera, essa occupa un posto relativamente importante, ma l'amore e soprattutto l'amore sentimentale, non vi trova pressoché spazio. Questo accade perché lei lo nega, o perché pensa che è sottinteso, che non deve comparire in primo piano nel racconto?

Cèline: Non nego spazio all'amore, al contrario. Il fatto che due esseri si associno è una cosa molto rispettabile, direi molto normale, perché aiuta a resistere agli urti della vita, che sono innumerevoli. E' gentile, è piacevole, ma io non credo che questo argomento meriti troppa letteratura. Anzi le dirò che questa faccenda la considero perfino pesante e volgare. "Io ti amo" sono parole abominevoli, che, per quanto mi riguarda, non ho mai adoperato, perché una cosa così non si può esprimere, la si sente e basta. Un po' di pudore non guasta. Queste cose esistono, ma si dicono una volta al secolo, all'anno. non tutti i giorni come nelle canzonette.

Hanrez: Nel "Viaggio al termine della notte", si sente che il protagonista viene fortemente attratto dalla donna (penso alle diverse donne che egli incontra e specialmente alle due americane), ma questa attrazione non si esprime attraverso le parole "io ti amo" ecc. Lei pensa che questa attrazione che è alla base dell'amore non debba essere espressa in parole?

Cèline: Non vedo perché. E' un sentimento, è un atto, Dio mio, abbastanza bestiale - e bestiale bisogna che sia! Contornarlo di fiorellini mi sembra volgare. Il cattivo gusto consiste precisamente nel mettere dei fiori laddove non ve n'è alcun bisogno. Sono cose che si possono anche fare. ma non è essenziale. Lei entra in un delirio, il coito è un delirio: razionalizzare questo delirio con delle manovre verbali, mi sembra idiota.

Hanrez: Lei considera dunque il coito come l'atto supremo, il compimento dell'amore?

Cèline: L'amore è un modo di dire: è l'atto della riproduzione. Non ha storia ci è stato dato. E' un premio che la natura dà al coito per la riproduzione: dà al brav'uomo un orgasmo di qualche secondo che lo mette in comunicazione con lei. Alla brava donna niente, non è importante.

Hanrez: Come in certe credenze induiste lei pensa che nel momento del delirio si entra in comunicazione con la natura.

Cèline: Evidentemente. Mistico, non so. Dare un premio al brav'uomo affinché si senta trasportato in un mondo che non conosce, il mondo della natura.

Hanrez: Lei crede che esistano degli altri mezzi oltre al delirio per raggiungere questa conoscenza, questa specie d'accoppiamento con la natura?

Cèline: E' molto potente. Non c'è niente da dire alla natura. Essa è suprema, perché ci piazza là, poi ci riprende. Dico che gli uomini hanno una sorte molto difficile e dolorosa, perché in fondo la natura si fa beffe di loro. Come dice La Rochefoucauld: "Essi non si sentono nascere. Soffrono per morire e aspettano di vivere". E' così: aspettano di vivere, ma in verità non vivono mai. Capiscono di morire e soffrire per la maggior parte del tempo (il 99 per cento). Aspettano la pensione, aspettano una promozione, aspettano la laurea, aspettano sempre qualcosa. Aspettano l'essere amato, poi hanno qualche mese di delirio, qualche crisi di coito, e poi tornano ai loro numerosi obblighi, più infelici ancora quando si occupano degli altri, chiusi in un eterno egoismo. La loro sorte non è certo divertente!

Hanrez: Ci sarebbe dunque negli uomini un'impotenza a cogliere il momento, a godersi la vita così come si presenta in un momento particolare.

Cèline: Si. L'uomo non è un animale, visto che conosce il proprio avvenire. E perciò ha paura, giustamente, di ciò che lo aspetta. La bestia non lo sa, soffre quando le capita qualcosa, ma non prevede, o prevede poco, come il cavallo prima di essere abbattuto. La bestia che uno uccide sente di morire, ma solo per brevissimo tempo, mentre l'uomo già sessant'anni prima cerca di farsi un'idea di quello che lo aspetta. Gli studi di medicina lo informano mirabilmente sulla vita. Queste cose lo incupiscono. Egli allora corregge i suoi pensieri lucidi con l'alcool e il mangiare, i viaggi, l'auto, insomma le diverse tecniche per ingannare la sua lucidità. Egli non è più lucido. Va alle accademie, al teatro. La sua testa si distrae - all'opposto di quello che cercano di fare i religiosi. Gli si ripete tutto il tempo: "Attenzione! Non è questa la realtà della morte!". Insomma invecchia nella sua tomba (il compito dell'uomo è evidentemente di dormire nella sua bara tutte le sere).

Hanrez: Secondo lei, dunque, un pensiero lucido è un pensiero escatologico, essenzialmente.

Cèline: Essenzialmente. Egli non può che accettare la propria sorte, pensare al proprio padre, alla madre, ai fratelli, ai cugini.

Hanrez: E' un pensiero che lei ha già espresso all'inizio di "Morte a credito", quando parla della morte della sua portinaia. Del resto in tutte le sue opere si capisce che per lei è un problema molto importante.

Cèline: E' il principale problema dell'uomo.

Hanrez: Ma ci sono due modi, credo, di considerare il problema della morte: sia come una paralisi dell'azione e del pensiero, sia come uno stimolante. Ci sono persone che, nella loro maniera di considerare la morte e la sua prospettiva, giungono a non agire più, non osano più agire. Suppongo che lei non sia tra questi, no?

Cèline: Ho sempre avuto un temperamento da medico, specie nel considerare il problema della morte; la mia vocazione non era letteraria. Alla sua età ed anche quando ero più giovane, avevo la vocazione del medico (nella mia miseria, perché ero molto povero) che consiste essenzialmente nel rendere la vita più facile agli altri. La mia pratica, se vuole, è una mistica - la sola che abbia - e non m'è riuscita!. E' una specie di ideale da "buona sorella" che avevo: darmi interamente al conforto dei malati.

Hanrez: Nella sua giovinezza, lei ha ricevuto un'educazione cristiana?

Cèline: Ho fatto la mia prima comunione, come la fanno tutti a una certa età, poi l'apprendistato presso i padroni; a undici anni era tutto finito. Non posso dire che fossi posseduto dalla religione. Ero posseduto dalla medicina. Non ero disperato. Del resto la vita non la si considera sempre nello stesso modo: a venti, quindici o tredici ani non si vede la morte, non ci si pensa. Si pensa solo alla vita e la si vuole rendere più facile. Ero un bravo ragazzo, niente di più. Mi occupavo soprattutto di medicina, che mi interessava; e poi sono arrivato alla letteratura come lei sa. E' stato un passaggio inatteso.

Hanrez: Ma un passaggio che lei ha preso sul serio.

Cèline: Solo perché mi hanno reso impossibile seguire la medicina. Non si possono fare dei libri e allo stesso tempo. non sarebbe serio. Oggi tutto è cambiato. Il medico che s'interessa di tutto non esiste più Oggi, o si diventa specialisti o niente. Ma ai miei tempi era ancora possibile. Un brav'uomo che fa dei libri! Mi è sempre parsa un'idea comica, quella di un tizio che si siede a un tavolo e comincia a tracciare sulla carta dei pensieri. La trovo un'attività immodesta, impudica. Questo modo di guardare la storia non lo trovo serio, e pur tuttavia continuo. Del resto ora non me ne frega più niente, non importa più niente. Ecco.

Céline contro Sartre



Nel 1947 Louis Ferdinand Céline, dopo aver appreso dallo scrittore Albert Paraz che Jean-Paul Sartre, nel suo Portrait d’un antisémite (apparso su Les Temps Modernes nel dicembre 1945, e nell’ottobre 1947 ripreso da Gallimard nel volume Rèflexions sur la Question juive), aveva scritto: “Se Céline ha potuto sostenere le tesi socialiste dei nazisti, è perché era pagato”, scriverà in risposta À l’agité du bocal.
Il pamphlet sarà prima inviato a Jean Paulhan, che non lo pubblicherà, e quindi a Paraz, che lo riprodurrà in appendice al suo libro Le Gala des Vaches (L’Elan, 1948).
Inoltre nel 1948 ne fu tirata, a cura di alcuni amici di Céline, una edizione di duecento esemplari (À l’agité du bocal, Lanauve de Tartas, Parigi, s.d.).
Riportiamo le considerazioni di Pierre Monnier riguardo a Le Gala de Vaches e su Cèline, pubblicate sul n°217 di Europe-Amérique dell’11 agosto 1949:
Alla fine del ’48 uscì un libro straordinario, Le Gala des Vaches di Albert Paraz, che prendeva le difese di Céline con un coraggio senza precedenti. Per misurare il terreno percorso, occorre che la storia quotidiana dia conto di questo: otto grandi settimanali francesi rifiutarono la pubblicità (a pagamento) per Gala. Alcuni critici letterari osarono parlare di provocazione.
Un’amica d’infanzia di Céline, la grande Arletty, fu né più né meno minacciata di morte perché aveva accettato di vendere Le Gala des Vaches, che raccoglieva quaranta lettere di Céline, una delle quali contro l’aborto Sartre, “L’agité du bocal”!
Le librerie che avevano messo in vetrina quel libro vennero devastate. E da chi? Ecco il punto. Dagli ebrei? No! Molti ebrei sono fervidi ammiratori di Céline: Milton Hindus in America, Paul Lévy, direttore di Aux écoutes a Parigi.
Coloro che si oppongono a Céline sono semplicemente degli scalmanati comunisti o altri che rappresentano solo se stessi, che non hanno mai letto una sola riga dei suoi libri, che non sanno niente del suo caso. Sbraitano a più non posso perché Céline ha fatto le prime rivelazioni su ciò che accade in Russia con Mea Culpa e Bagatelle. Molto prima di Koestler, Gide e Kravčenko. Costoro, però, non vengono bistrattati come Céline. Perché? Perché lui ha genio!

La pirotecnica reazione di Cèline alla infamante - e falsa - accusa rivoltagli da Sartre, va collocata, per essere compresa a fondo, nel contesto storico delle epurazioni dei “Collaborazionisti” in Francia nel 1944-1949. Circa 40.000 francesi, che a vario titolo avevano avuto rapporti o con lo Stato di Vichy o con l’Amministrazione tedesca, svolgendo funzioni burocratiche, amministrative e intellettuali, oppure avevano militato in raggruppamenti politici o in unità militari, paramilitari o di Polizia furono condannati a pene detentive e privati dei diritti civili. Furono inoltre eseguite ben 7.037 condanne a morte, che colpirono anche gli intellettuali ritenuti rei di “collaborazione con il nemico”, come Robert Brasillach, Jean Luchaire e molti altri, mentre 10.000 francesi caddero vittima di esecuzioni sommarie. Ancora nel 1952, 2.400 francesi si trovavano in prigione con l’accusa di collaborazionismo.
L’epurazione degli scrittori “Collaborazionisti” sarà compito del Conseil national des écrivains (CNE), che stenderà, democraticamente, degli elenchi di libri e di autori “impubblicabili”. Anche uno scrittore pacifista come Jean Giono, che durante l’Occupazione scelse l’”emigrazione interiore”, fu messo all’indice e incarcerato.
Si capisce facilmente quindi che l’accusa di Sartre, uno dei più irremovibili persecutori degli intellettuali Collabos, poteva risultare molto pericolosa per Céline, vista la fine fatta dal ricordato Robert Brasillach, giustiziato tramite fucilazione il 6 febbraio 1945 nonostante una richiesta di grazia indirizzata a De Gaulle firmata, tra gli altri, da Mauriac, Claudel, Valéry, Duhamel, Paulhan, Cocteau, Colette…
In aggiunta a questo, il 19 aprile 1945 un Tribunale francese aveva spiccato un mandato di cattura per “Tradimento” contro Cèline, riparato in Danimarca, e, dal dicembre 1945 al febbraio 1947, Louis Ferdinand Destouches sarà incarcerato a Vestre Faengsel, passando diversi mesi in cella di isolamento.
Tornando alla Querelle Sartre-Céline, notiamo che, durante l’Occupazione, Céline sarà uno tra gli intellettuali che meno contribuiranno, tramite articoli o altri contributi, alle conferenze ed alle riviste collaborazioniste come Je suis partout, Au pilori e La Gerbe su temi quali l’alleanza tra Francia e Germania, la lotta contro il Bolscevismo ed il Capitalismo, l’antisemitismo…
Infatti, escludendo i suoi pamphlet, visto che sono stati scritti quasi tutti prima del 1940 (Mea Culpa, 1936, Bagatelles pour un massacre, 1937, L’Ecole des cadavres, 1938 e Les Beaux Draps, 1941), Céline, durante il 1941-1944, pubblicherà appena un solo articolo, venticinque lettere e tre interviste. Da notare poi come la diffusione di alcuni dei suoi libri sarà in più occasioni ostacolata tanto dalle autorità di Vichy (come nel caso de Les Beaux Draps) quanto dai tedeschi (anche se Céline avrà degli alleati in Karl Epting, direttore dell’Istituto tedesco di Parigi, e nell’ambasciatore Otto Abetz), mentre, paradossalmente, come ricorda anche Cèline nell’Agité du bocal, il “Resistente” Sartre metterà in scena il suo dramma teatrale Les Mouches, allegoria dell’Occupazione nazista… nel giugno 1943, in piena Occupazione, al Théâtre de la Cité!

Tratto da:
http://lf-celine.blogspot.com/2008/01/contro-sartre.html

Louis Ferdinand Céline

Contro Sartre. A' l'agitè du bocal.

Seguito dalle lettere di Céline al "Je suis partout" e dallo scritto Viva l'amnistia, Signore!

Introduzione a cura di Andrea Lombardi.

Edizioni Effepi, 50 pagine, f.to 14x21, 10,00 euro.

Richiedere a: ars_italia@hotmail.com

martedì 25 dicembre 2007

Raboni sul Bagatelle di Céline, 2000




Dal "Corriere della sera" del 31 ottobre 2000



Novecento. Pound e Céline come Drieu e Jünger: le opere degli scrittori «politicamente scorretti» sono da sempre oggetto di valutazioni imbarazzate, anche se si tratta di capolavori


di Giovanni Raboni


Due episodi variamente remoti ma tuttora carichi, temo, di senso o insensatezza. Nel 1953 l’editore Guanda, benemerito diffusore in Italia, a quei tempi, della migliore poesia straniera contemporanea, pubblicò la traduzione integrale dei Canti pisani di Ezra Pound. La storia di questo capolavoro è fin troppo nota: Pound lo scrisse, appunto, a Pisa, in un campo di concentramento dove era stato rinchiuso subito dopo l’arrivo delle truppe alleate sotto accusa di alto tradimento per aver collaborato durante la guerra, lui americano, alla propaganda antiamericana del regime fascista; e Pound, nei Canti , non si smentisce né si discolpa. Non importa come la dolorosa vicenda sia finita; importa, ai fini di ciò che ho in animo di dire, che l’edizione italiana del poema uscì con una fascetta che diceva pressappoco così (cito a memoria e, dunque, con qualche rischio di inesattezza, ma sono sicuro sia del significato complessivo che dei termini essenziali): «Questo libro dimostra che anche con delle idee sbagliate si può fare della grande poesia». Secondo episodio. Nel 1981 lo stesso editore Guanda, passato nel frattempo in altre mani, pubblicò la traduzione italiana di Bagatelle per un massacro , il più famoso e famigerato dei famigeratissimi pamphlets anticomunisti, anticapitalisti, antisemiti, antitutto, scritti da Louis-Ferdinand Céline fra il 1936 e il 1941. Per essi, oltre che per una qualche (mai del tutto dimostrata) connivenza con gli occupanti tedeschi, Céline aveva subìto in Francia, finita la guerra, una dura condanna penale successivamente condonata. La comparsa del volume suscitò sulla nostra stampa reazioni molto violente. Fra le tante voci scandalizzate o addirittura orripilate (ma ce ne furono anche di intelligentemente pacate: per esempio, Piergiorgio Bellocchio su Panorama e Cesare Cases su L’Espresso ), una mi colpì in modo particolare: quella di Alberto Moravia, che in un elzeviro apparso su questo giornale si sforzò diligentemente di dimostrare che Bagatelle , oltre ad essere infame, era anche noioso e mal scritto. Se ho rievocato queste vecchie storie è perché mi sembra che esse riflettano tuttora i due modi più tipici con i quali la cultura «politicamente corretta» tende a risolvere e, se così si può dire, a sublimare il proprio imbarazzo di fronte ai Grandi Reprobi della letteratura. Sappiamo tutti, credo, di chi stiamo parlando. Due - forse i maggiori - li ho già nominati; ma Pound e Céline non sono certo i soli a trovarsi in questa scomoda e, più ancora, incomodante situazione. Basti pensare agli altri collaborazionisti effettivi o presunti, dal norvegese Knut Hamsun ai francesi Pierre Drieu La Rochelle, Robert Brasillach, Henri Montherlant, Paul Morand; o ai tedeschi indiziati di un’adesione un po’ troppo convinta (anche se ritirata, per loro e nostra fortuna, prima che fosse davvero troppo tardi) come il grande Ernst Jünger e il grandissimo Gottfried Benn. Tutti, come si vede, ufficialmente «di destra»; e della più raccapricciante sin qui esistita. Ma chi si sente di escludere che un analogo imbarazzo possano suscitare un giorno o l’altro, se già un po’ non lo stanno suscitando, Sartre o Aragon, Eluard o Neruda? Il comune senso della correttezza politica è più mutevole (o, per adattare un termine alla moda, «revisionabile») di quello del pudore. Ma torniamo ai due espedienti con i quali, negli scorsi decenni, si è generalmente cercato di liquidare il problema. Il primo consiste nel negare qualsiasi nesso tra il valore dell’opera e le idee dell’autore: in parole povere, Pound è stato un grande poeta, ma in fatto di politica, di economia, di storia ecc. non capiva nulla, era un irresponsabile, forse un folle; non bisogna badare a quel che dice, ma solo a come lo dice. Il secondo è, in un certo senso, ancora più sbrigativo: se uno scrittore pensa male deve essere per forza - almeno lì dove, o da quando, pensa male - un cattivo scrittore. Ergo: Céline, dopo aver scritto due capolavori come Viaggio al termine della notte e Morte a credito , è improvvisamente finito, e tutti i suoi libri successivi sono, oltre che da non leggere, illeggibili. Diverse, anzi opposte, le due posizioni hanno tuttavia qualcosa in comune: sono entrambe di matrice idealistica e sono entrambe, secondo me, radicalmente sbagliate. Una grande poesia, un grande romanzo, un grande dramma, insomma un grande testo letterario che non contenga, oltre e dentro la bellezza della scrittura, anche un nucleo di grandezza etica, un principio attivo di verità, è - a mio avviso - una contraddizione in termini; semplicemente, «non si dà». Ma bisogna, quella grandezza etica, quella verità, saperle trovare; e niente è più improprio che cercarle soltanto in quella che San Paolo chiamava la lettera (avvertendo, come nessuno dovrebbe ignorare, che «littera occidit, spiritus autem vivificat») e Roland Barthes il «grado zero» della scrittura. Le idee di uno scrittore contano, e come; solo che si nascondono - e, insieme, si rivelano - nelle sue metafore, nelle sue iperboli, nelle sue immagini, nello spessore materiale della sua voce. E allora? Allora rileggiamoli, i Grandi Reprobi di oggi e di domani; rileggiamoli badando non solo a ciò che dicono, né solo a come lo dicono, ma al continuo riversarsi e convertirsi dell’una cosa nell’altra, alla dialettica che essenzialmente e inesauribilmente si instaura tra forma e contenuto o, meglio, tra forma del contenuto e contenuto della forma, insomma all’infinita circolazione del senso in ogni fibra visibile e invisibile dell’indivisibile realtà testuale. E a quel punto, solo a quel punto, scopriremo forse che se il muro di Berlino, per la letteratura, non è ancora caduto è perché per la letteratura, forse, non è mai esistito.

lunedì 24 dicembre 2007

Bagatelle per un massacro



Corbaccio, Milano, 1938
Prima edizione italiana. Raro.
Traduzione Alex Alexis.

Brossura, f.to 13x19, pag. 336.

La traduzione più accurata è quella di Pontiggia del Bagatelle edito da Guanda nel 1981, edizione ritirata dal mercato.

Potete scaricare il Bagatelle in .pdf qui:

http://www.vho.org/aaargh/fran/livres9/Pontiggia.pdf

Bagatelle per un massacro



Edizioni Robespierre, Milano, 1965 (per concessione della Corbaccio).

Edizione limitata, f.to 15x21, pag. 260.

Bagatelle per un massacro



Aurora, s.d. (anni '90), Caserta.

Brossura, f.to 13x18, pag. 256.

Edizione non autorizzata, basata sulla prima edizione del Corbaccio, 1938. La traduzione è infatti quella di Alex Alexis. Alcuni tagli, è presente una breve prefazione e delle integrazioni (non pertinenti con il testo originale) a cura dell'editore.

Mea Culpa e La bella rogna



MEA CULPA E LA BELLA ROGNA

Guanda, Milano, 1982.

Traduzione di Mea Culpa a cura di Giovanni Raboni
Traduzione di Les beaux draps a cura di Daniele Gorret

Brossura, f.to 14x21, pag. 208.

Ritirato dal mercato. Raro.

Esiste una riproduzione anastatica dell'originale, non autorizzata, fatta negli anni '90. Si riconosce per una sfocatura dei caratteri in copertina e risguardi, oltre che per il cartoncino usato per la brossura.

Mea Culpa



MEA CULPA E OMAGGIO A ZOLA

TraccEdizioni, Piombino, 1990.

Tiratura limitata, brossura, f.to 17x24, pag. 64. Traduzione di Flaviano Pizzi.

L'ecole des cadavres



Editions Denoel, Parigi, 1938.

Tirato in 12-25-75-400 esemplari numerati

Tirato in 20-25-25-30 esemplari numerati fuori commercio

Brossura, F.to 14x21, 306 pagine.




martedì 18 dicembre 2007

La scuola dei cadaveri




Traduzione italiana non autorizzata del L'école des Cadavres de Céline, edita nella "Collana del nibbio bianco", Edizioni Soleil, S. Lucia di Piave, 1997. 179 pag.

I pamphlet antisemiti di Céline non possono essere ripubblicati, nè in francese nè in altre lingue, per volontà della moglie di Céline.

Scaricabile in .pdf qui:

http://www.vho.org/aaargh/fran/livres7/LFCscuola.pdf

L'inizio del libro:

L'altro giorno deambulavo, tutto pensoso, lungo la banchina fra la Jatte e
Courbevoie, riflettevo su piccole cose, avevo dei tedi... Certo, non stavo per
annegarmi... ma ero lo stesso tormentato, non trovavo la soluzione.
La vita non è spasso tutti i giorni.
Guardo un pò attorno, vedo una chiatta, nel pieno d'una melma, capovolta,
sottosopra, giacente, che sembrava una sorta di sbarramento... e poi un piccolo
argano, pendente, che si muoveva da solo...
Guardo un pò più lontano... Scorgo laggiù una sirena che borbottava fra le
acque, in quella melmose, molto fetide... un fango pieno di bolle... Provavo fastidio
per lei... Mi allontanai con del tatto...
- Yop! Eh! Hop! Non dici più buongiorno, pazzo! Gran suonato! Sfrontato
maleducato! Dov'è che ti precipiti?...
La conoscevo come sirena, questa sfacciata, l'avevo incontrata spesso, in
circostanze delicate, in estuari ben diversi, altri momenti della vita, da Copenhagen a
St. Laurent, laggiù travolgente, eccessiva di schiuma, gioia, giovinezza, vertiginosa
negli spruzzi. Certo questa decadenza mi sconvolgeva... Così nella Senna... molto
pescosa e fognaiola...
- Dove correte così pensieroso! Bel cazzone!... m'apostrofa quella.
La conoscevo intrigante... È diventata ben grossolana, nei paraggi... La guardo
allora più da vicino. Che povero aspetto!
- Mi trovi brutta ora? Orrendo tu stesso! Dài! Abbracciami!
Ero ben costretto, che ne odoravo gli olii... mi scuso...
- Stai per diventare nonno! m'annuncia lei.
Se ne scoppia a ridere la troia. Sapeva tutto questa bifolca, di tutti i pettegolezzi,
pispole da portinaia della zona.
- Sei bene informata, cara la mia merluzza! le rispondo a tono. Indiscreta!
Sfrontata! Sei venuta a riposarti in campagna stamattina?...
- Campagna! campagna!... Cadavere voi stesso! Vecchio furfante cadente
puttaniere! Vecchio fallito! Ciò t'offende, vero nonno? ciò che di dico! Vecchio
femminiero! Devastatore di rovine! Vergognoso! Scornato prostatico! Fottuto
dissipatore!
- Ah! che le dico. Penosa spazzatura! Fior di marcitoio! spurgamento! Sto per
anmentarvi! insolente!
Ancora un pò e le saltavo addosso, le strappavo le squame! Gli amori erano
finiti!... c'erano vent'anni di troppo fra noi per gli ammaliamenti... Andava così
stranamente pettinandosi lungo la melma degli argini. Ciò diventava odioso. Feci lo
sforzo d'essere gentile, volevo allontanarmi senz'odio... E poi la collera mi trascinò.
- Me ne vado al mare io! neppur fresco! che annuncio di colpo tutto spavaldo.
Me ne vado nelle onde pure! io!... Carnaccia da spargimento!
- Vero come hai detto? Carnaccia? A questo modo m'insulti, smemorato!
Desolante anima di stronzo! Ripeti un pò, che t'annego! Pipì! Te ne andrai come gli
altri al mare? sì, come tutti i cani spompati di questo mondo? Gonfiatura!
- Va bene! che le rispondo! Barra mascalzona! Sei brutta, triviale! Puzzi! Non
l'hai rubata la tua penitenza! Lo vedrò Nettuno! Glielo dirò! Che ho un permesso con
sua figlia! La sirena dell'Alba! Ciò ti violenta, vero? Non l'hai rubata la tua penitenza!
Ripeto!
Penitenza!

domenica 16 dicembre 2007

Il Voyage illustrato da Tardi

VOYAGE AU BOUT DE LA NUIT


illustrato da Tardi


Futuropolis/Gallimard, Parigi, 1988

Editions France Loisirs, Parigi, 1989
Ristampato recentemente (2006) dal primo editore

380 pagine, completamente illustrato